Lo scandalo dei «furbetti delle tende»: la canadese piantata nel giardino di casa

nostro inviato all’Aquila

I furbetti delle tende. Li chiamano così gli sfollati che sono riusciti a farsi piantare in giardino l’ambitissima tenda della Protezione civile. Gente che nell’immediato post terremoto s’è precipitata al campo attrezzato più vicino aggiudicandosi una struttura in tela blu destinata esclusivamente ai campi ufficiali. Vuoi perché ha dichiarato di avere un parente invalido o la casa impraticabile, vuoi ancora perché gli serviva presidiare la propria dimora per mandare avanti l’attività commerciale sottostante il palazzo di famiglia. Motivazioni spesso non corrispondenti al vero. «Molto spesso ingigantite o inventate» bisbiglia il tecnico del Comune che alle prime luci dell’alba accetta di guidarci nelle tendopoli casalinghe sparpagliate dentro e fuori l’Aquila. «Sappiamo di favoritismi nei confronti di determinati nuclei familiari a seguito di una sensibilizzazione di esponenti politici cittadini – sbotta il tecnico ad apertura di tour – veri raggiri nei confronti della protezione civile, una vittima di questo andazzo», su cui adesso hanno iniziato a curiosare le forze dell’ordine. «E tutto ciò avviene mentre tanta gente che non ha più l’agibilità della casa – incalza il tecnico – pur di avere un tetto è finita a duecento chilometri da qua. I furbetti hanno approfittato dell’emergenza delle prime ore, poi grazie a Dio s’è posto un freno allo schifo».
Quand’era tardi. Troppo tardi. Stime ufficiose - che diventano ufficiali man mano che battiamo l’hinterland – parlano di 150-170 tende, da sei posti l’una, smistate fuori dai campi d’accoglienza secondo criteri poco standard. Piazzate dietro cancelli di abitazioni non sempre inagibili, nascoste alla vista oltre le siepi in collina, in bella mostra sotto villette tirate su a schiera. A Sant’Elia alta, tre tende. Idem nel bel quartiere di Torretta. Ne spuntano dappertutto lungo la dorsale di via Antica Arischia, fin sotto la chiesa bombardata di Pettino e nella salita che porta a San Giuliano. Sbocciano dove meno te l’aspetti.
A quattrocento metri dal campo Pile 2, nel parco di una villetta con affresco esterno e pecore al pascolo, ad esempio. Chiediamo lumi. Una donna ci viene incontro tra l’ululare di cani in via Fonte Burri II. È disarmante la giustificazione data: «Dopo il terremoto abbiamo chiesto aiuto a nostro zio che sta alla Protezione civile, e ci ha fatto arrivare subito la tenda». L’eccezione che conferma la regola. Che non chiarisce il criterio con il quale s’è scelto uno anziché l’altro, a te sì, a te no, a te forse. Lungo la statale 80 ne incontriamo a decine ambo i lati. Chiediamo ai fortunati del primo accampamento. La risposta è a mezza bocca. Imbarazzata: «Ho paura del terremoto – spiega un’anziana signora – la tenda l’hanno data a mio marito, ma se è un problema la ridiamo indietro. Non è che rischiamo qualcosa, vero?». Vero.
Cinquecento metri più avanti, ecco un signore sulla sessantina: «La casa è agibile, ce l’hanno data loro la tenda, noi abbiamo solo tanta paura». Tutti ce l’hanno. In via Madonna del Pettino la gente protesta per quella tenda blu piazzata tra le canadesi regalate dai volontari di Glasgow. Poco più in là, in via Ofidena, incrociamo in salita un mini campeggio residenziale con allacci volanti alla centralina di un palazzo. Impaccio lessicale collettivo: «Bah... ma... sapete... noi non diamo fastidio a nessuno, non pesiamo sulla protezione civile, ce ne stiamo qua buoni. Nessun favoritismo, mi raccomando però, non scrivete niente vero?».
Il tecnico ci mette fretta. Indica la cartina, con la biro cerchia nuovi siti da perlustrare. Finiamo al campo ufficiale di San Vittorino: «Alcune tende le abbiamo messe noi nelle case – racconta Zac, il responsabile, seduto accanto all’ex bomber giallorosso Roberto Pruzzo – ma era l’emergenza delle prime ore quando il campo non ce la faceva a ospitare tutti. Ci siamo fidati di quello che ci veniva detto. Sappiamo bene che più di qualcuno si lamenta della disparità di trattamento ma solo quando verranno ultimate le perizie potremmo toglierle a coloro a cui non spettano». Di corsa verso Pizzoli dove il sindaco Giovannino Anastasio ha schivato calci e cazzotti tirati da un povero cristo che esigeva una tenda color indaco pure lui. La relazione del vicequestore Antonio Adornato sintetizza la tentata aggressione: «La motivazione nasce dalla domanda di una tenda da assegnare alla famiglia poiché lo stesso ha una officina al piano di sotto dell’appartamento, che ha timore di lasciare incustodita e desidererebbe avere la famiglia accampata in un giardino adiacente perché padre di un bambino di 18 mesi. Il nostro pronto intervento ha evitato il peggio».
Più giriamo e più troviamo gente che se la prende con la polizia municipale che non controlla e con l’assessore di riferimento, Pierluigi Pezzopane, esponente Idv noto alle cronache per esser stato malamente indagato nell’inchiesta sul suicidio del sindaco di Roccaraso. «Posto che sono stato appena prosciolto – precisa l’interessato - voglio dire che i controlli spettano ad altri, non alla Municipale.

Quanto alle tende a fatica sono riuscito a trovarne due, per l’anagrafe e per i vigili. Sono stupito quanto voi dal numero ma in ogni vicenda drammatiche ci sono i furbi. Stamattina, in un giardino, ho visto oltre a una tenda blu grande anche due tende blu piccole accanto. Che dire?».

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