da Milano
«La cosa tipica dei supergiants è che mantengono sempre le promesse esplorative iniziali e anzi danno delle buone sorprese»: il giacimento supergigante, citato ieri dallamministratore delegato dellEni, Paolo Scaroni, è quello di Kashagan, nel Mar Caspio, al quale lEni (come capocommessa) e altri partner internazionali (ExxonMobil, Total, Shell, Conoco-Phillips, Inpex e KazMuneiGaz) stanno lavorando da anni. E ieri il quotidiano britannico Financial Times scriveva che, nonostante le enormi difficoltà ambientali, i gruppi petroliferi hanno scoperto che le riserve sono superiori del 25% alle attese, che raggiungevano i 13 miliardi di barili, facendone già prima il più grosso ritrovamento degli ultimi trentanni. «Non confermiamo nessuna cifra, l'unica cosa che mi sento di dire è che Kashagan è stata la più grande scoperta degli ultimi trentanni» ha aggiunto Scaroni.
I giacimenti del Caspio stanno battendo ogni record, anche quello dei costi per arrivare a sfruttarli: le condizioni climatiche avverse (il mare è gelato per molti mesi) e tensioni tra le compagnie petrolifere non solo hanno fatto lievitare le spese per gli impianti, ma hanno anche provocato continui rinvii per linizio dello sfruttamento. Al punto che ieri il Ft ipotizzava che il ritardo al 2008 sarebbe stato seguito dallannuncio di un ulteriore rinvio al 2009. Insomma, il Caspio dovrebbe diventare pienamente operativo solo alla fine del prossimo decennio, ma a quel punto si porrebbe come alternativa sia al petrolio mediorientale, sia a quello russo, riducendo il peso politico ed economico di Mosca e dellOpec. Il titolo ieri ha perso 0,57% nonostante la sostanziale conferma dellaumento delle riserve.
Scaroni ha parlato di Kashagan in occasione del convegno sulle infrastrutture organizzato dalla Fondazione Mattei in cui lad Eni ha lamentato il fatto che nel nostro Paese «realizzare infrastrutture richiede enorme fatica: fobie ipocondriache, diffidenza e furbizia - ha spiegato - portano alla naturale reazione dei nostri cittadini a qualunque progetto». Non è però troppo tardi per reagire» purché la classe politica si renda conto che «lo sviluppo infrastrutturale non è un optional» ma una «necessità».
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