Scattano i saldi e i controlli delle Fiamme gialle: 190 violazioni per gli scontrini su 405 controlli

Scattano i saldi e i controlli delle Fiamme gialle: 190 violazioni per gli scontrini su 405 controlli

RomaIl nome dell’operazione, a dirla tutta, è un po’ orwelliano: «Piano coordinato di controllo economico del territorio». La mobilitazione è stata massiccia: oltre duecentocinquanta agenti della Guardia di Finanza del comando provinciale di Roma, ieri mattina, hanno scelto un movimentato sabato di saldi per iniziare un controllo a tappeto degli esercizi commerciali della Capitale.
Alcuni in divisa, altri in borghese per non destare sospetto negli infidi commercianti capitolini, si sono sparpagliati per le vie dello shopping, dal litorale di Ostia e dal popolare viale Marconi alla borghese e scintillante via Cola di Rienzo, pochi passi da San Pietro, fino al quadrilatero del lusso tra Piazza di Spagna e Via Condotti; esaminando scontrini e ricevute fiscali, bolle di accompagno e depositi di merci. Un blitz in stile Cortina, svolto con grande attenzione anche al risultato mediatico: i filmati, diffusi tramite i siti internet dei quotidiani con l’imprimatur della Gdf, mostrano piacenti militi che frugano tra i cachemire, rigirano tra dita guantate gli scontrini da passare al microscopio, in cerca dell’inghippo, o che esibiscono davanti alle telecamere i corpi di reato: scatoloni zeppi di orologi da polso dorati grandi come padelle; mucchi di finti Ray Ban specchiati, in puro stile Gianfranco Fini vintage.
L’operazione, spiega un comunicato delle Fiamme gialle, ha come obiettivo «non solo quello di tutelare gli operatori economici “regolari” dalla sleale ed illecita concorrenza degli abusivi e di coloro che vendono merci fuori norma», ossia ambulanti e vu’cumprà, ma anche quello di «evitare che gli esercenti che rispettano gli obblighi di emissione dei documenti fiscali finiscano con il risultare indebitamente “svantaggiati” rispetto a loro concorrenti che violano le norme tributarie».
Risultati? Quasi la metà degli esercizi commerciali indagati erano per qualche ragione «fuori norma». Il bilancio ufficiale, infatti, parla di 190 violazioni legate alla mancata emissione di scontrini e ricevute fiscali su 405 controlli eseguiti, e di 500mila prodotti contraffatti sequestrati. In un solo deposito, gestito alla periferia di Roma da un ambulante, sono stati trovati ben 113mila orologi contraffatti destinati alla vendita on line.
D’altronde Attilio Befera, l’ormai celeberrimo direttore dell’Agenzia delle entrate, aveva promesso che il «modello Cortina» sarebbe stato replicato in tutta la penisola. Con l’obiettivo, aveva chiaramente spiegato, di «incutere agli evasori un sano timore» e di inculcare nelle teste dei cittadini la consapevolezza che, nell’Italia del rigore montiano, l’impunità dei furbetti che aggirano il fisco non sarà più tollerata dall’occhiuta vigilanza statale. Colpirne uno per educarne cento, insomma, e per generare un «effetto deterrenza» a catena. L’importante, secondo Befera, è che «chi non lo fa, capisca che è bene cominciare a dichiarare», perché dietro uno qualunque dei clienti in coda alla cassa potrebbe nascondersi un finanziere pronto a farti la multa al primo scherzetto.


Dopo l’ondata di polemiche politiche che hanno fatto seguito al blitz di Cortina, le reazioni alla new wave fiscale delle azione dimostrative sembrano ora in via di normalizzazione: ieri qualche assessore del sindaco Alemanno plaudeva a nome dell’amministrazione capitolina all’operazione di controlli «a tutela del commercio legale e dei titolari di attività produttive».

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