Gianni Baget Bozzo
Si torna alle origini, cioè alla famosa legge proporzionale con premio di maggioranza a cui la sinistra riuscì ad applicare la definizione di legge truffa, solo perché introduceva il premio di maggioranza. L'ispirazione di quella legge era chiaramente centrista: la Dc e i partiti laici alleati dovevano sostenere la pressione a sinistra dell'alleanza socialcomunista, di Pci e di Psi strettamente uniti senza se e senza ma: e dall'altra l'alleanza di monarchici e di missini, anch'essi alleati nella lotta contro la legge. Il problema particolarmente grave è che si trattava della compatibilità con le alleanze internazionali dell'Italia: i socialcomunisti erano incompatibili con l'alleanza atlantica, anche le destre si opponevano ad essa. Gli uni ponevano in crisi il principio di democrazia occidentale, gli altri la figura repubblicana e democratica della politica italiana. Il centro allora aveva una qualifica di principio, di scelta democratica e occidentale e il suo contenuto era perciò netto ed evidente.
Il disegno di legge Scelba prevedeva che le forze collegate in una alleanza elettorale potessero ottenere il 65% dei seggi se avevano il 50% dei voti. Forse fu allora un errore di non collegare direttamente la maggioranza relativa al premio di maggioranza e di pretendere che essa raggiungesse il 50%. I comunisti, erano allora come oggi, in grado di contestare molti voti elettorali e diminuire quindi i voti necessari per ottenere alla coalizione di centro il 50% dei voti. All'esame successivo delle schede risultò che il premio di maggioranza era scattato perché i partiti del centro avevano in realtà raggiunto il 50% e solo le contestazioni arbitrarie avevano impedito il conseguimento del premio. Ma il disegno di legge venne approvato con sedute tumultuose alla Camera e soprattutto al Senato, dove si giunse a lanciare oggetti contundenti nei confronti del presidente del Senato Marcello Ruini.
È possibile che la discussione parlamentare della legge incontri analoghe difficoltà e animi il dibattito parlamentare in cui l'opposizione ricorre all'ostruzionismo gridando al colpo di maggioranza per cambiare la legge a pochi mesi dalle elezioni. Il presidente Casini si trova perciò di fronte a difficoltà maggiori di quelle incontrate dal presidente Ruini, perché Ruini faceva votare su una legge proposta dal governo, oggi si voterebbe in una lista proposta dai partiti della maggioranza e segnatamente dall'Udc che risulta la principale beneficiaria della riforma elettorale. Omogeneamente alla legge De Gasperi, il disegno di legge della maggioranza non propone l'indicazione di un leader che era richiesta dal sistema maggioritario e ne configurava le ragioni: prevede un premio di maggioranza a una alleanza di partiti che non sono legati da alcune designazioni di un candidato comune e di per sé hanno le mani politicamente libere riguardo ad ogni candidatura. Del resto formalmente Marco Follini ha lasciato aperto il problema della leadership.
L'Udc ha ottenuto un grande successo politico perché ha condotto la Casa delle libertà ad assumere una posizione che corrisponde alla storia politica dell'Udc, da sempre favorevole, nella tradizione democristiana al sistema proporzionale. Il partito di Casini si troverà perciò in una particolare situazione: di essere, con la presidenza della Camera, il garante dello statu quo istituzionale e, al tempo stesso di giocare come autore del grande mutamento dal maggioritario, voluto dai referendum, al proporzionale.
Ciò non renderà facile la discussione della seconda legge proporzionale con premio di maggioranza, come non lo fu quella della prima, anche se credo, che il presidente della Camera non rischi il lancio di oggetti contundenti come l'allora presidente del Senato. Ma il suo compito sarà forse agevolato da posizioni interne alla opposizione. In realtà Prodi è per l'opposizione una sorta di stato di necessità, è riconosciuto come il punto zero in cui viene l'incontro delle diversità, ma non la loro integrazione, perché Romano Prodi non ha come storia e come persona alcun contenuto politico.
Se passa il proporzionale, il voto torna ai partiti e la destinazione del leader si ripresenta nelle loro mani. È la fine della seconda Repubblica e il ritorno alla prima Repubblica, come si vede, mai cancellata. Ma ora Berlusconi uscirà dal fuoco dello scontro perché egli ha subito la scelta centrista come la subisce l'opposizione.
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