Schiaffi al Colle e conti dei Ds, Di Pietro spina nel fianco del Pd

L’ex pm sulle presunte tangenti: «C’è qualche riscontro». E poi sul lodo Alfano bacchetta il Quirinale

da Roma

Sforzi inutili quelli di Enrico Paolini - vicepresidente della giunta abruzzese - tesi a dimostrare la differenza antropologica tra chi viene dai Ds e chi, prima di approdare al Pd, aveva in tasca la tessera dei socialisti Sdi o quella della Margherita. A tracciare i confini ci ha già pensato Antonio Di Pietro. E per lui tra Ottaviano Del Turco, Walter Veltroni e Silvio Berlusconi, di differenze non ce ne sono molte. Tutti in un unico calderone nel quale ieri è finito di nuovo anche il presidente della Repubblica.
La nuova offensiva è partita simbolicamente dall’Abruzzo. Italia dei valori, forse con lo stesso Antonio Di Pietro, è pronta a candidarsi per la poltrona di governatore lasciata libera da Ottaviano Del Turco. «Dal suo presidente fino all’ultimo degli iscritti - ha detto a Radio Radicale - farà il suo dovere, è pronta a candidarsi».
Da soli, quindi. Ma se sarà proprio lui a scendere in campo non lo ha detto. Quello scelto da Di Pietro sembra comunque più un modo per tenere sulla graticola i colleghi di opposizione. Conta il metodo annunciato: «Non ci siederemo al tavolo delle trattative, perché non c’è più nulla da trattare, c’è solo da cambiare la classe dirigente del nostro Abruzzo trasversalmente intesa, da destra a sinistra». Alternativi, quindi, al Popolo della libertà, ma anche al Pd di Veltroni.
La scorribanda del leader di Italia dei valori non si è limitata all’Abruzzo. Una stoccata al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano colpevole di aver promulgato il lodo Alfano. «Rispetto la decisione del capo dello Stato ma non la condivido per niente». Pochi giorni fa era rimasto «amareggiato» per le parole del Quirinale contro la spettacolarizzazione dei processi. Poi c’è la vicenda intercettazioni. E lì Di Pietro usa il suo blog per una complessa analisi delle dichiarazioni di Tavaroli sul conto Oak attribuito ai Ds. Di quelle frasi, dice, ci sarebbe traccia negli atti processuali. Poi spiega che Fassino è solo una «piccola esca in una palude di pescecani».
Ma il fronte dell’opposizione non si limita ai temi come questi, propriamente dipietristi. Ieri c’è stata un’incursione sulla politica economica, sulla quale Italia dei valori aveva una posizione più moderata, ma che ora torna utile nel tentativo di riempire i vuoti lasciati dalla sinistra radicale. Lo ha fatto capire ieri quando è sceso tra gli insegnanti precari che stavano manifestando davanti alla Camera dei deputati promettendo un’opposizione dentro il Parlamento e anche nelle «1.000 piazze». E non poteva mancare un accenno al nucleare, dopo le fughe nelle centrali in Francia, questa volta in versione verde.
Grane soprattutto per Walter Veltroni che continua a subire la concorrenza del Gabbiano.

E a peggiorare il tutto l’impressione, forte dentro il Pd, che Di Pietro alla fine incasserà il dividendo di una situazione che potrebbe anche sgonfiarsi. Se le accuse contro Del Turco cadessero, lui farà comunque in tempo a raccogliere con la sua candidatura abruzzese, se non la presidenza, un bel pacchetto di voti. Magari più consistente di quello del Pd.

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