nostro inviato
a Cernobbio (Como)
Luca di Montezemolo torna a strigliare il governo. E lo fa partendo dalla nota più d’attualità: le tasse. Citando l’esempio che dovrebbe dare la rotta: la Germania, «un Paese che farà registrare una crescita del 2,6% (contro le previsioni italiane dell’1,8%, ndr) e che ha deciso di abbassare le tasse sulle imprese di 9 punti». Tuttavia, chi credesse di riconoscere nella posizione del presidente della Confindustria quella di Veltroni e Rutelli, in polemica con Prodi e Padoa-Schioppa che prima del taglio delle tasse vorrebbero ridurre ancora le spese, si sbaglierebbe. Per Montezemolo l’una scelta vale l’altra: «Se tagliare prima le tasse o prima le spese lo trovo un dibattito surreale. Bisogna tagliare entrambe le cose e subito».E sulle spese ricorda «solo quelle degli enti locali, che nel periodo ’95-2005 sono cresciute di tre punti di Pil. Nonostante una crescita delle entrate tributarie di 3,3 punti di Pil». Un riferimento a «3.200 società pubbliche che contano 17.500 cda: discariche per politici trombati». In ogni caso una politica economica per la crescita è l’unica strada per risollevare un Paese che resta il fanalino di coda in Europa.
Un po’ sulla falsa riga di quanto dichiarato stamane da Rodrigo Rato, direttore generale del Fmi, che ha ammonito l’Italia sull’urgenza di riforme di politica fiscale e di welfare: «Si erano visti segnali incoraggianti, ma negli ultimi tempi ho notato un indebolimento». Il numero uno degli imprenditori italiani, dopo una ventina di giorni di silenzio in pubblico, ha scelto il convegno Ambrosetti di Cernobbio per tornare sulla scena, politica e istituzionale più che mai. E alla richiesta, ancorché non nuova, di una minore imposizione fiscale, Montezemolo ha accomunato imprese e persone, ricordando anche la piaga evasione: «In Italia troppo pochi pagano le tasse, ma quelli che le pagano ne versano troppe». Poi ha aggiunto anche qualcosa di più da parte delle imprese: «Se venisse attuata una «significativa riduzione» della pressione fiscale sulle imprese gli industriali sono disponibili a «rinunciare anche a tutti gli incentivi». Con le uniche eccezioni per quelli che si sono rivelati realmente utili al mezzogiorno.
Una sorta di ok al ventilato scambio Irap o Ires contro incentivi, cui starebbero lavorando sia Visco sia Bersani. In ogni caso sarebbe solo un punto di partenza, in un quadro che Montezemolo considera molto pericoloso. Una strada senza uscita con un premier «che ha meno poteri di un sindaco» e dove i vari Dpef e libri verdi «si trasformano sempre in libri dei sogni». L’unica via d’uscita è quella di una svolta di filosofia politica. Va ricostruita la «fiducia Stato-cittadino», vanno messi al centro principi quali «lavoro, merito, concorrenza e mercato», vanno combattuti tutti i comportamenti illegali, finendola di inviare «messaggi sbagliati come quello dell’indulto». Dura le presa di posizione di Montezemolo anche nei confronti dell’Europa. L’invasione dei prodotti d’importazione con rischi di dumping, contraffazione e violazione della proprietà intellettuale deve - per Montezemolo - spingere l’Europa ad agire. «Non si tratta di neo-protezionismo, ma di regole da fare e rispettare».
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