Schiaffo dell’Iran: no all’accordo sulla bomba

Una doccia fredda, uno schiaffo a Obama e alla politica della mano tesa da Mosca, Parigi e Washington, che proponevano l’arricchimento dell’uranio iraniano in siti esteri. Una politica che Israele giudicava già come una intollerabile concessione di cui gli ayatollah avrebbero profittato per continuare a ciurlare nel manico, continuando a far lavorare i loro dottor Stranamore alla confezione della Bomba seguendo una ormai consolidata prassi: quella del «più tempo guadagnato, più uranio arricchito».
Bè, a Gerusalemme avevano visto giusto, perché Teheran - ecco la notizia - non accetta la bozza d’accordo proposta dal direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica, Mohamed El Baradei, ma preferisce acquistare il carburante nucleare per il suo reattore «dedicato» alla ricerca medica. O forse no. Forse si potrebbe rimettere tutto in discussione, riparlarne la settimana ventura, suggeriscono in serata a Teheran. Proprio come prevede la regola del bazaar, dove vince chi non si pone limiti di tempo nella guerra dei nervi, e rilancia, e rimescola le carte all’infinito, ora fingendo di cedere, ora impuntandosi, ora svagando l’avversario.
La rinuncia all’accordo era stata anticipata alla televisione di Stato iraniana da uno dei più influenti membri della delegazione che ha partecipato in questi giorni ai defatiganti incontri con i rappresentanti di Francia, Stati Uniti e Russia per risolvere una crisi che il presidente Ahmadinejad e il sinedrio di inturbantati al potere a Teheran non hanno verosimilmente alcuna voglia di risolvere.
La bozza dell’Aiea è dunque respinta al mittente, anche se non ancora in forma ufficiale. Naturalmente (ma anche questo fa parte di quel pericoloso gioco dell’oca in cui sono specialisti i tenutari del bazaar di Teheran) c’è una controproposta iraniana, ha fatto sapere la stessa fonte che ha dato notizia del “niet” all’Aiea. E naturalmente è Teheran, fa sapere la fonte citata dalle agenzie, «che ora attende una risposta positiva e costruttiva» da parte delle potenze mondiali. «Sempre che si evitino gli errori commessi in passato, come violare gli accordi e cercare di ottenere la fiducia dell’Iran».
Insomma: è Teheran che tiene banco e fa il gioco. Gli altri, se vogliono, possono accomodarsi al tavolo. Ma le regole le fanno Ahmadinejad e compagni. Tranne fare marcia indietro all’ultimo momento, quando Washington e Mosca e Parigi torneranno a fare la voce grossa, e spiegare che c’è stato un incomprensibile malinteso. Ecco, qui ormai si tratta di capire fino a quando il presidente Obama e le cancellerie delle grandi potenze saranno disposti a farsi menare per l’aia. Ieri le reazioni americane non avrebbero potuto essere più remissive: siamo pronti ad aspettare Teheran, anche se non per sempre.
Molti elementi concorrono a far ritenere che la ventiquattresima ora si stia avvicinando a grandi passi, per Teheran. E che il muro sostanzialmente eretto dall’Iran di fronte alle richieste della comunità internazionale riproponga quella opzione militare che si è fatto di tutto, finora, per scongiurare. Un blitzkrieg che Israele potrebbe incaricarsi di condurre con il sostanziale avallo degli Stati Uniti. Un’ipotesi che non è mai passata di moda, e che gli ultimi avvenimenti potrebbero riproporre con forza.
A incaricarsi della bisogna sarebbe Israele, che come ha ricordato ieri l’altro la leader dell’opposizione alla Knesset Tzipi Livni, «non si può permettere un Iran nucleare».
La bozza d’accordo respinta da Teheran era stata presentata mercoledì scorso dal direttore dell’Aiea. Essa prevedeva la fornitura a Teheran di uranio arricchito quasi al 20 per cento per alimentare un reattore nucleare che produce isotopi radioattivi impiegati nella cura del cancro in 200 ospedali iraniani. Il combustibile che era stato fornito dall’Argentina quasi 16 anni fa è infatti quasi esaurito. Il progetto d’intesa prevedeva che l’Iran consegnasse parte dell’uranio già arricchito nei suoi impianti sotto la soglia del 5 per cento (uranio che America e Russia temono potrebbe essere arricchito a livelli molto più alti, cioè oltre il 90 per cento) per fabbricare ordigni nucleari. Secondo fonti diplomatiche occidentali, Teheran dovrebbe consegnare 1200 dei 1500 chilogrammi di uranio finora trattati.

Secondo lo schema di El Baradei, l’uranio sarebbe stato ulteriormente arricchito fino a una soglia del 19,75 per cento in Russia e poi consegnato alla Francia, che lo avrebbe utilizzato per produrre barre di combustibile nucleare da consegnare infine a Teheran. Ma è una proposta che agli oltranzisti di Teheran non poteva piacere. Così, un passo dopo l’altro, si procede verso quel punto di non ritorno che nessuno, come sempre si dice a posteriori, avrebbe voluto.

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