UNO SCHIAFFO ALLA PAURA

Sì, è vero. Abbiamo paura. Abbiamo paura della crisi, abbiamo paura del futuro, abbiamo paura dei crac e dei subprime, dei fallimenti e della recessione, del caro mutuo e del caro zucchina. Abbiamo paura di guardare il conto in banca e andare a fare la spesa al supermercato. Abbiamo paura della Cina e anche un po’ del fruttivendolo sotto casa. Persino Pasqua, quest'anno, casca presto portandosi dentro l'uovo sorprese di cioccolato amaro, pioggia e guai.
Non è vero, come qualcuno dice e scrive, che la paura è indotta. La paura è reale. Basta prendere un caffè in un bar per sentirla in mezzo alla gente, palpabile, quasi fisica. È la mesta sensazione di una via crucis senza fine, calvario quotidiano senza la speranza della resurrezione. Generazioni cresciute con il sogno del progresso infinito si scoprono all'improvviso impotenti di fronte al declino. Guardano i loro figli e quasi si sentono in colpa per non poter offrire loro un domani migliore di ieri.
Eravamo una società in crescita, siamo diventati una società ripiegata su se stessa. Lo si capisce anche da questa campagna elettorale: il tour di Veltroni si trascina stancamente, riuscendo a promettere come unico ottimismo alcuni sondaggi più o meno taroccati. E Berlusconi, l'uomo del sole in tasca, non perde occasione per ricordare quanto difficile sia il compito che gli toccherà, se andrà al governo.
Il fatto stesso che al centro del dibattito politico in queste ore non ci siano promesse e speranze, ma il fallimento della compagnia di bandiera, la dice lunga sui toni cupi che ci accompagnano e ci accompagneranno. Eppure proprio su questo punto s'è registrata nelle ultime ore una svolta: Berlusconi ha dato il primo vero slancio di fiducia, in mezzo a tante ombre nere. E di fronte a una situazione che sembra senza sbocco, ha sfoderato di nuovo il suo sorriso: «Mi impegno io, ce la faremo».
Non so se davvero ce la farà. Non so come finirà la vicenda Alitalia. Ma so che questo slancio è quello di cui il Paese ha bisogno. E, a pensarci bene, è quello che ha spinto Berlusconi ad entrare in politica. In fondo anche nel '94 la situazione era drammatica: c’era la crisi economica, lo Stato sull'orlo del crac, un sistema che collassava. In quel momento Forza Italia fu, ancor prima e ancor più che un partito, un messaggio. Uno scossone di speranza.
Di questo ha di nuovo bisogno il Paese. Qualcuno potrà ridere e sorridere seguendo i soliti stereotipi del Cavaliere lumbard, imprenditore brianzolo del ghe pensi mi. Faccia pure. Ma a noi il «ghe pensi mi» piace un sacco. Perché di fronte alla paura si può reagire in due modi: ci si può barricare in casa o si possono sfidare le difficoltà.

Si possono chiudere porte e finestre o si può uscire per affrontare i fantasmi. Si può restare fermi o si può decidere di agire. L'immobilismo l'abbiamo conosciuto negli ultimi venti mesi: e le paure sono diventati incubi. Ora, comunque vada, sembrano musica le parole del fare.

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