Ieri c'è stato il bis, a grande richiesta. Con il solo Kristian Ghedina presente, la Dainese ha mandato in onda la replica della dimostrazione di cosa sarà il futuro degli sciatori dal punto di vista della sicurezza. Giovedì, a parlare di un tema che ai piedi della Streif è sempre molto attuale, assieme a Ghedina c'erano anche Aksel Lund Svindal, Werner Heel e Günther Hujara. È proprio sulla Streif che negli ultimi anni sono avvenuti alcuni fra gli incidenti più gravi che si ricordino nel mondo dello sci, quelli di Scott Macartney e Daniel Albrecht sull'ultimo salto, quello di Hans Grugger, giusto un anno fa, sul primo. Nessuno dei tre è per ora riuscito a tornare non solo l'atleta, ma nemmeno l'uomo che era prima, perché un conto è rompersi una gamba, un ginocchio, una spalla, ben altro è quando ad essere toccate sono la testa o la schiena, come ha dimostrato la tragedia della freestyler canadese Sarah Burke, morta giovedì.
Lo sci è pericoloso, si sa, e si sa anche che spesso è il destino, il cosiddetto "caso", a cambiare il corso di una carriera, o di una vita. Ma stare a guardare sperando che vada sempre tutto bene sarebbe da stupidi, per questo la federsci internazionale si sta dando da fare per migliorare le situazioni critiche. Se da un lato ha imposto una nuova regola per gli sci da gigante che dalla maggioranza degli atleti e degli addetti ai lavoro è però considerata controproducente, dall'altro sta lavorando su un importante progetto in collaborazione con Dainese, azienda italiana leader nella produzione di protezioni per motociclisti e, da una ventina d'anni (il primo fu proprio Ghedina), sciatori. Si tratta del D-air Ski, protezione dotata di airbag che copre spalle, clavicola, schiena (a breve anche il torace) e limita i movimenti del collo. Lo speciale sacco si apre in circa 50 millisecondi, raggiunge la massima funzionalità in meno di 100 millisecondi e diminuisce la forza trasmessa alle spalle e alla schiena fino all'85%. I test in pista si sono finora svolti nelle prove di discesa grazie a una decina di atleti fra cui gli italiani Innerhofer, Heel e Marsaglia. L'obiettivo è la messa a punto del prototipo definitivo per l'Olimpiade di Sochi 2014. Come ha detto Günther Hujara, direttore del circuito maschile, «la maggior parte dei dati sono già stati raccolti, ma sono necessari ulteriori test per definire il momento preciso in cui gli atleti non hanno più il controllo e la caduta diventa inevitabile».
La strategia di attivazione dell'algoritmo è infatti, e giustamente, improntata alla prudenza, una parola che Innerhofer, Heel, Paris e compagni dovranno scordare se vorranno provare a diventare i nuovi re della Streif.
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