Gentile Direttore, ho ripensato, in questi giorni, alle ultime parole dell'omelia che Monsignor Angelo Bagnasco ha pronunciato il 24/9/06 in Cattedrale, durante la S. Messa del suo insediamento nell'Arcidiocesi di Genova.
Citando S. Paolo, della seconda lettera ai Corinti, chiedeva a Genovesi: «Fatemi posto nei vostri cuori».
L'affetto di tanti cristiani circonda già il nuovo Arcivescovo. I recenti avvenimenti relativi al «Festival della Scienza», che hanno rivelato come fossero pretestuose le polemiche montate da settori laicisti del mondo scientifico e dei media contro l'Arcivescovo, oltre che contro il Papa e la Chiesa, sono stati poi la prima occasione, per molti, di dimostrare solidarietà a Monsignor Bagnasco, che è davvero già entrato in tanti cuori di genovesi e non.
Numerosi fedeli hanno compreso e apprezzato le sue misurate parole di «Pastore» in risposta ad alcune domande in merito alla possibilità di una sua partecipazione al «Festival della Scienza».
Questi fatti mi hanno indotto a riflettere, anche alla luce della mia professione di medico, oltre che del mio essere padre di famiglia.
L'Arcivescovo, con le sue parole, ha messo intelligentemente il dito nella piaga, ha gettato un sasso in uno stagno torbido. La reazione stizzita ha dimostrato che ce n'era bisogno. Ed i fatti squallidi dei giorni successivi gli hanno dato pienamente ragione. Acutamente, con poche parole, ha messo in luce quello che è il nodo cruciale del problema del rapporto tra scienza, cultura e fede: se l'atteggiamento culturale dell'uomo di scienza è quello preconcetto di chi esclude l'esistenza del trascendente e, di più, se esso considera la scienza nemica della fede (scientismo), diviene una barriera al dialogo con l'uomo di fede e lo scienziato si trincera nel suo ideologico «laicismo».
Così egli diviene colui che si pone come «nobile» scopo quello di «desacralizzare la vita umana» come è già stato da qualcuno orgogliosamente affermato! Se invece l'uomo di scienza è autenticamente «laico», credente o non credente che sia, e si mette nell'atteggiamento di chi scruta il macro e microcosmo con rispetto e apertura al mistero, che traspare dietro la trama sorprendente delle scoperte scientifiche ed in particolare di quelle che riguardano direttamente o indirettamente l'uomo, egli diviene automaticamente aperto al dialogo e autenticamente libero e capace di «valorizzare l'uomo».
Già nella visione di Galileo, vero laico credente, l'immanente non sarebbe dovuto mai entrare in conflitto con il trascendente, poiché il mondo materiale e il mondo spirituale avevano la medesima origine nel Creatore, ed i valori della scienza non avrebbero mai dovuto sostituire quelli della verità rivelata.
Le conseguenze di questa divaricazione sostanziale nel comportamento tra il laico ed il laicista sono state magistralmente svelate dal pensiero di Giovanni Paolo II, che affermava: «Scienza e Fede sono entrambe doni di Dio», e distingueva con forza ciò che la cultura dominante, con la sua cassa di risonanza dei media, continuava e continua deliberatamente a confondere, cioè la Scienza con la Tecnica, allo scopo di svincolare la Scienza da ogni legame di natura etica. «L'uomo può perire per l'effetto della tecnica che egli stesso sviluppa, non della verità che egli scopre mediante la ricerca scientifica». Nella «Fides e Ratio», al paragrafo 88, parlando del pericolo dello «scientismo» e di come esso si rifiuti di considerare forme valide di conoscenza quelle che non sono proprie delle scienze positive, concludeva amaramente: «la mentalità scientista è riuscita a fare accettare da molti l'idea secondo cui ciò che è tecnicamente fattibile diventa per ciò stesso anche moralmente ammissibile».
Benedetto XVI, in tante occasioni, ha ribadito questi concetti ed a Regensburg, in nome della ampiezza della ragione, ha parlato di una attuale «condizione pericolosa per l'umanità» ed invocato una apertura del mondo scientifico alla filosofia e alla religione proprio in nome «Della struttura razionale della materia e della corrispondenza tra il nostro Spirito e le strutture razionali operanti nella natura».
Un dato di fatto misterioso, che dovrebbe ulteriormente aprire la scienza positiva alle altre forme di conoscenza, religiosa, etica ed estetica e quindi alla valorizzazione della persona umana e ad una maggior comprensione del suo significato. E poiché, come dice l'Arcivescovo Bagnasco, «la scienza non esiste da sola, ma è l'uomo che fa la scienza... tra scienza, progresso e umanità non c'è una reale contrapposizione». Infatti «nella unità della persona umana troviamo in sintesi e armonia tutto quello che la persona stessa compie, quindi tutte le attività di tipo scientifico, tecnologico e di ricerca, e la sua responsabilità morale.
Due dimensioni imprescindibili, non due piani distinti e separati come a volte si vorrebbe far credere» (dalla Lectio Magistralis tenuta dall'Arcivescovo a Savona al Convegno su Bioetica e Terapia, organizzato dai Medici Cattolici Italiani).
Non c'è nulla di accademico e di astratto in questi concetti così autorevolmente espressi. La «desacralizzazione» operata dal laicismo scientista e materialista è divenuta purtroppo «cultura politicamente e scientificamente corretta» e molto invadente.
Non è permesso scalfire questo totem a nessuno se non a costo di insulti o derisioni. La dissacrazione, come del resto la volgarità, sono gli sport più alla moda. Scuola, università, ospedali, media, letteratura, spettacolo, divertimento, sono gli ambiti in cui appare dominante questa pseudo-cultura. Ne fanno le spese le famiglie, i ragazzi, anche le modalità di cura dei malati, dei vivi nati e non nati.
Concludo con una riflessione sul «mistero» che la scienza può far intravedere.
Come medico che da anni lavora in ospedale posso considerarmi un utilizzatore della tecnologia scientifica a servizio degli ammalati. La scienza ha messo a disposizione del medico «farmaci intelligenti» che intervengono su bersagli ben individuati all'interno di meccanismi biologici di un'inaudita complessità. Più la scienza si addentra in questo microcosmo e più la complessità aumenta in una mirabile interazione fra cellule, ambiente, macro e micromolecole.
Il tutto svela una «intelligenza incredibile» (Papa Ratzinger direbbe una «struttura razionale») che sostiene «miracolosamente» la vita biologica. L'utilizzare questi farmaci biologici e il doverne comprendere l'intrinseco meccanismo d'azione, più di una volta mi ha suscitato stupore per questo mistero di intelligenza nascosta.
Questa consapevolezza ha indotto Francis Collins, Direttore del progetto di mappatura del Dna, autodefinitosi ateo di ferro fino a 27 anni, a ritrovare nella genetica una via al mistero ed alla fede.
Altri famosi scienziati hanno intrapreso questa via.
Federico Bennicelli
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