Scienze

Lotta al fumo, ecco il decalogo: nuovi strumenti per contrastare il problema

A vent'anni dalla legge Sirchia, gli esperti firmano un decalogo sulla lotta la fumo puntando l'attenzione sulla necessità di nuovi approcci efficaci. In primis, quello di riduzione del rischio sinora frenato da ostruzionismi

Lotta al fumo, ecco il decalogo: nuovi strumenti per contrastare il problema
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Un decalogo di proposte per rinnovare le strategie di contrasto al fumo e implementare sistemi che puntino alla riduzione del rischio, soluzione auspicabile ma spesso osteggiata. A vent'anni dalla legge Sirchia, che introdusse importanti interventi su scala nazionale per combattere il fumo di sigaretta, medici, psicologi, presidi, ricercatori e giornalisti hanno rilanciato quell'obiettivo meritorio con aggiornate linee guida per superare la situazione di stallo del fenomeno in Italia. Oggi, infatti, i numeri dell’Istituto Superiore di Sanità mostrano che i fumatori nel Paese sono ancora il 20,5% della popolazione (10,5 milioni di persone): un dato rimasto sostanzialmente stabile nell’ultimo decennio. Secondo gli esperti, diventa quindi indispensabile ripensare le strategie di contrasto al fumo. I nuovi dieci obiettivi sono così scaturiti dal recente incontro "Esperienze a confronto per una nuova politica nella lotta contro il fumo", tenutosi a Roma su iniziativa di Sics, società italiana di comunicazione scientifica.

Lotta al fumo, il nuovo decalogo

Tra le proposte del decalogo, la promozione di campagne di prevenzione e informazione a partire dalle scuole, con l'obiettivo di contrastare l'iniziazione di qualsiasi prodotto con nicotina; l'aggiornamento del sistema e delle metodologie di indagine e di rilevamento statistico dei dati ai fini di una più realistica capacità di lettura del fenomeno; la riorganizzazione e il rafforzamento dei centri antifumo. Poi, l'introduzione della riduzione del rischio per i fumatori che non smettono, come principio operativo nell'elaborazione di strategie di salute pubblica. E ancora, è stata riconosciuta l'importanza di garantire l’applicazione delle normative esistenti, rafforzando le misure volte ad impedire l'acquisto di prodotti con nicotina da parte dei minori. Fondamentali anche gli interventi sulla medicina territoriale, da ottenere massimizzando il coinvolgimento delle farmacie. Nel decalogo, anche le campagne di Educazione Continua in Medicina (Ecm) per tutti gli operatori sanitari (pediatri, medici di medicina generale, medici dello sport, odontoiatri) a cura delle società scientifiche.

La riduzione del rischio e le "chiusure ideologiche"

"La lotta al fumo è un tema che direttamente o indirettamente riguarda tutti, ma non se ne parla abbastanza. Tutti gli stakeholder concordano sul fatto che il fumo di sigaretta sia un fattore di rischio per la salute, ma le politiche attivate in Italia non sono state così efficaci come ci si sarebbe aspettato", ha evidenziato Iolanda Romano, fondatrice di Avventura Urbana, ossevando come il concetto di riduzione del rischio venga oggi trattato "con manifesta chiusura con una cesura di tipo ideologico". La conseguenza di questo approccio - ha proseguito Romano - "è un danno ai consumatori, perché mancano informazioni equilibrate e autorevoli". A vent'anni dalla legge Sirchia, la necessità riaffermata dagli autorevoli estensori del decalogo è stata dunque quella di analizzare cosa abbia funzionato, quali sono le attività da potenziare e quali le nuove iniziative da adottare per raggiungere l'obiettivo di un più deciso miglioramento della salute pubblica, integrando le tradizionali politiche di cessazione e prevenzione con il principio di riduzione del rischio per i fumatori che non smettono (per esempio, attraverso l'utilizzo di prodotti senza combustione).

"È necessario cambiare"

A oggi, la principale sfida è ancora persuadere i fumatori a smettere e prevenire che i giovani inizino. L'indagine che il Censis ha effettuato su un campione di 1.314 fumatori italiani (di 18 anni e oltre) e su due sub-campioni di utilizzatori di sigarette elettroniche e di prodotti a tabacco riscaldato, ha messo in evidenza che "le fonti prevalenti di informazione di chi conosce o utilizza la sigaretta elettronica e i prodotti a tabacco riscaldato sono il passaparola, il consiglio del conoscente". A ricordarlo è stata Ketty Vaccaro, Responsabile area Welfare e Salute del Censis. "Un'informazione per così dire 'autogestita' nel 49% dei casi, guidata da riferimenti autorevoli in una percentuale limitata di casi (solo il 16% si è informato presso il proprio medico)", ha osservato l'esperta, aggiungendo: "È evidente che da questo punto di vista sarebbe necessario cambiare le cose e far sì che chi vuole smettere di fumare o voglia semplicemente informarsi abbia a disposizione una o più voci autorevoli".

Il cardiologo: "Riduzione del danno, l'approccio utile"

Ora il decalogo stilato a Roma si propone proprio di invertire la rotta, suggerendo interventi anche nel campo dell'informazione, per aumentare la consapevolezza dei cittadini su un tema così importante. Un ulteriore sforzo è stato però richiesto anche ai protagonisti del mondo scientifico e istituzionale. L'obiettivo del documento infatti è quello di stimolare il confronto tra esperti e figure autorevoli nel campo scientifico e sottoporlo alle istituzioni, per integrare le tradizionali politiche di contrasto con strategie innovative. Come riferisce Francesco Fedele, presidente dell'Istituto Nazionale Ricerche Cardiovascolari e responsabile Riabilitazione Cardio-Respiratoria San Raffaele Monte Compatri, "esistono molte persone che non vogliono smettere di fumare e, in questi casi, avere a disposizione un approccio strategico di riduzione del danno può essere estremamente utile: nel mondo della prevenzione esiste un continuum nelle patologie croniche, nella loro progressione e anche nella loro prevenzione, e in questo quadro la non completa abolizione del rischio, ma la sua riduzione, rappresenta una valida strategia".

Molti Paesi - ha continuato il professor Fedele - "si sono dimostrati attivi in questo, come il Regno Unito e la Nuova Zelanda, altri si pongono a metà strada come Canada e Usa, altri sono completamente chiusi su una linea forte di proibizionismo come l’Australia". Anche noi, ha concluso il presidente dell'Istituto Nazionale Ricerche Cardiovascolari, "abbiamo condotto un’indagine con numerosi stakeholder proponendo un questionario e siamo arrivati alle stesse conclusioni: purtroppo c'è ostruzionismo e preconcetto nei confronti dell’approccio di riduzione del danno da fumo, non se ne vuole parlare, mentre penso sia importante iniziare a parlarne".

La consapevolezza e la scelta sulle alternative smoke free

Il tema è centrale e merita primaria attenzione a più livelli: sia tra i cittadini, sia da parte degli organismi internazionali che si occupano di politiche di controllo del tabacco. E poi, secondo Alberto Baldazzi, giornalista scientifico ed esperto di sanità, ci sarebbe un ulteriore livello. "Nei corsi di medicina non c’è un focus su cos’è la prevenzione delle malattie tabacco correlate, che mietono 93.000 morti l'anno e sono la prima causa di morte evitabile nel mondo occidentale. Persino i nostri medici sono poco informati e spesso non hanno elementi critici avanzati, oltre a non avere formazione continua su questo tema", ha osservato Baldazzi. A maggior ragione, secondo il giornalista, il documento presentato a Roma rappresenta "un importante punto di partenza".

Ma - ha sottolieanto infine l'esperto di sanità -"quello che dobbiamo decidere è se, dopo 12 anni di presenza sul mercato delle sigarette elettroniche e più o meno la metà per i prodotti a tabacco riscaldato, vogliamo adottare o meno il principio della riduzione del danno.

Si tratta di un'area su cui la ricerca prosegue e che merita la dovuta attenzione".

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