La scommessa di Iachini «Brescia, mi manda Mazzone»

Un ringraziamento a Carlo Mazzone: «Un maestro»; un saluto all’esonerato Alberto Cavasin: «Collega che stimo». Così il 45enne Beppe Iachini si è presentato sul palcoscenico di Brescia lanciando un grido di battaglia: «Sono qui per portare il Brescia in serie A».
Facile a dirsi, un po’ più complicato a realizzarsi perché la partenza tra i cadetti delle rondinelle, che mancano dalla massima categoria dal 2004-05, non è stata certo delle migliori: in 8 partite, 4 vittorie, un pareggio e la bellezza di tre sconfitte, troppe per chi voleva, secondo le aspirazioni del presidente Gino Corioni, sbancare la serie B. Ma a Iachini piacciono le mission impossible; gli piace lavorare col rischio di dover magari essere sostituito da un momento all’altro, un pungolo che, anche quando giocava, ne ha sempre fatto un combattente nato. Non per niente Iachini è il settimo allenatore di Corioni in cinque anni, una media mangiatecnici non ancora alla Zamparini, ma comunque assai vicina. La cosa però fa sorridere Iachini: «Non sono affatto preoccupato, so qual è il mio lavoro e soprattutto perché il Brescia mi ha chiamato e per quale obiettivo».
Lo stesso del presidente Corioni, ovviamente, ma il sapore della massima serie, peraltro già gustato da Iachini, non è sempre così dolce. Basta ricordargli la precedente esperienza quando, dopo aver portato il Chievo in A, il 4 novembre 2008, trascorse appena 10 giornate, venne sollevato dall’incarico. Ironia della sorte, in quello stesso novembre che Iachini vorrebbe rimuovere dalla memoria viene comunque insignito del premio «Panchina d’oro» come miglior tecnico della serie B per l’ottimo lavoro alla guida dello stesso Chievo nella stagione precedente.
Undici mesi dopo rieccolo in panchina, anche se non è forse quella che il neo allenatore del Brescia si aspettava: voleva la serie A, si ritrova invece sotto il tiro di Corioni e dei tifosi bresciani che, con l’icona di Robi Baggio sul cuore, la A la stanno aspettando da sei anni. «Ogni volta che si comincia un’avventura, è sempre una sfida», il commento di Iachini. «Ma qui a Brescia è come se la sfida fosse doppia o tripla, un po’ perché la serie A è sempre sfuggita di poco in questi anni, un po’ perché c’è anche lo stimolo di voler rivedere uno stadio pieno. Tutti elementi che mi danno la carica». Già, quello stadio Rigamonti che tra i protagonisti ha visto Mazzone, l’idolo di Iachini: «Una persona straordinaria. Mi ha sempre seguito con simpatia e mi definisco un suo allievo». Perché Iachini ha sempre avuto nel mirino Mazzone da quando, nel 2001, iniziò ad allenare a Venezia, con la qualifica di dirigente accompagnatore in quanto privo di patentino. Poi ancora in C1 col Cesena, in B prima col Vicenza dei giovani e poi col Piacenza. E infine il Chievo, col miracolo della promozione e l’amaro esonero. Ma è stato proprio il Vicenza, vittorioso sabato al Rigamonti, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso e mandato Corioni su tutte le furie. Galeotto il gol di Sgrigna che ha però ridato il lavoro a Iachini, un impegno che il tecnico ha preso subito sul serio: ieri doppio allenamento, ma anche dieci giorni di tempo (sino a sabato 17 ottobre, a Cesena) per conoscere i giocatori e inculcare loro i nuovi dettami tattici. Il match di domenica col Gallipoli è stato infatti rinviato a martedì 27 ottobre perché Salamon (Polonia), Varga (Ungheria), Martinez (Costa Rica) e Berardi (Svizzera) sono stati convocati nelle rispettive nazionali.

Certo che con elementi esperti come Baiocco, Zambelli, Barusso, Mareco, Possanzini, Flachi, Caracciolo, l’obiettivo non può essere che la A e il guerriero Iachini lo sa bene: «Qui è sempre mancato il passo giusto per conquistarla, proveremo a farlo insieme, anche con l’aiuto dei tifosi che voglio mi facciano rivedere il Rigamonti esaurito. E personalmente ho un conto aperto con la serie A». Con Corioni che gli tende la mano: «Avrei voluto Antonio Conte, ma adesso spero che Iachini resti dieci anni».

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