Ecco una testimonianza sconvolgente sul «sistema» delle scommesse clandestine in mano ai clan camorristici dei Di Lauro e degli Scissionisti con base in quella Scampia meta del «curioso» pellegrinaggio del calciatore del Manchester City, ex Inter, Mario Balotelli. Testimonianza inquietante raccolta nel bel libro «Napoli in cronaca nera» di Simone Di Meo e Giuseppe Iannini. La cruda verità su come la criminalità organizzata campana gestisce il business delle puntate sulle partite di calcio, di tutte le serie, truccate e no. A parlare è un noto broker di Secondigliano, convenzionalmente chiamato Ivano. Un allibratore di quota a cui i clan avevano messo a disposizione villa con piscina, televisori, computer, schede prepagate, addirittura il pranzo offerto al ristorante. Un uomo che non ha mai guardato ai match con gli occhi del tifoso ma come dice lui stesso - esclusivamente con gli occhi «di chi intende sfruttarli come fonte di guadagno». Il Re Mida delle scommesse ha cominciato puntando 100mila lire. Ha finito col movimentare milioni di euro. Leggere (le sue parole) per credere.
«Se si comincia a ragionare e a scommettere con la testa e il cuore da tifoso, si può solo perdere (
). Non dimenticherò mai la giocata che mi arrivò per la finale degli Europei del Duemila, in occasione della finalissima Italia-Francia. Tale Ciro, soprannominato chiò chiò, ebbe il coraggio o la sfortuna, fate voi di puntare 250 milioni sullItalia vincente sia nella partita che nel torneo. Sta di fatto che noi accettammo la posta. LItalia, fino al 90, vinceva. Dunque, allo scommettitore temerario restavano quei due o tre minuti di recupero per festeggiare entrambe le vincite. Quando, agli ultimissimi secondi, il francese Wiltord, da poco entrato, realizzò il gol del pari, che portò le due squadre ai supplementari e al golden gol deciso da Trezeguet, esplodemmo in un urlo di gioia che non potrò mai più rimuovere dalla mia mente. Ero felice, in quel periodo. Facevo una bella vita, sembrava che gli stessi arbitri, talvolta, ci aiutassero. Il nostro motto, il motto di tutto il clan, era: «Ci vuole solo una guerra per fermarci». E la guerra arrivò, davvero (
).
Terminata la faida, vengo contattato dagli Scissionisti, che mi spiegano senza troppi giri di parole che ormai controllano tutto loro. Sono i nuovi padroni del sistema di Secondigliano, compreso il business del calcioscommesse. Ma il nuovo lavoro è completamente diverso dal precedente. Stavolta, non mi tocca quasi nessuna responsabilità. Devo essere soltanto bravo a piazzare le montagne di soldi che mi affidano nelle agenzie di scommesse legali, puntando sulle partite che loro mi facevano intendere essere aggiustate. Così mi ritrovai a dover allacciare nuovamente i rapporti con i banchi di Napoli centro, Ponticelli, San Giorgio a Cremano, Giugliano. Gente che non sentivo da due anni e più, ormai. Stando a contatto con loro, capii che era fondamentale la prudenza. Potevano arrivare delle buone notizie sulle partite, ma bisognava andare cauti. Ai capi dellorganizzazione giungevano informazioni riservate circa gli esiti delle partite da giocare il sabato, o la domenica, che fruttavano delle discrete somme. A volte poteva capitare di incappare in incidenti di percorso. Successe che un nostro galoppino fu contattato dagli amici di unimportante città. Questi malavitosi ci fecero sapere di aver concordato, con il presidente della società calcistica, lesito della partita, e di aver scommesso 500mila euro sulla sconfitta della squadra della loro città. Appena sapemmo la cosa, ci attivammo subito per seguirli e scommettere pure noi una vagonata di soldi. Arrivò il giorno della partita. La squadra avversaria, dopo soli sette minuti, si portò in vantaggio e per noi tutti fu una gioia enorme, perché già pregustavamo la vittoria a tanti zeri che ci attendeva. Che cocente delusione avremmo avuto... La squadra avversaria rimase in vantaggio per quasi tutta la partita, ma proprio quando ormai nessuno più se lo aspettava, arrivò il gol dei padroni di casa. Era il 91esimo. Rimanemmo di stucco. Non riuscivamo a capire che cosa fosse accaduto, ma concludemmo che quelli che ci avevano fatto la soffiata erano persone poco serie. Decidemmo di non vederli e contattarli mai più.
In realtà, dopo qualche tempo, fummo costretti a ricrederci, perché ci fu spiegata la vera dinamica della partita. Le cose erano andate così: la squadra di casa si era dimostrata disponibile a perdere, tantè che lallenatore pure lui daccordo aveva convocato parecchi giovani della primavera, facendoli esordire in prima squadra. Tutti sapevano che non avrebbero dovuto impegnarsi troppo. Tutti, o meglio quasi tutti: tra i convocati, infatti, cera anche un ragazzo, di origine senegalese, il quale non comprendendo bene la lingua italiana e ancor più il dialetto e le sue sfumature era entrato nella ripresa e aveva messo a segno il gol del pareggio e della fine dei nostri sogni di gloria e di ricchezza facile.
Dopo questepisodio, non mi fidai più delle soffiate delle altre organizzazioni criminali, sicché decisi di investire tutte le mie risorse alla ricerca di giovani e talentuosi calciatori del vivaio di Secondigliano che potevano tornarci utili (molti finiti in squadre di seria A, B e C, ndr).
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