Lo scrittore è fuori di testa? Chiudilo in casa (editrice)

Da James Ellroy che urla in piena notte in una Milano deserta all’austera Oriana Fallaci che cucina un fritto di pesce per gli amici; da Mario Soldati che spende in un’ora tutto l’anticipo di un suo romanzo per comperare maglioni di cashmere a Oreste del Buono che si nasconde negli armadi per cercare di sfuggire alle richieste (lavorative) della sua segretaria; sino allo schivo Antonio Tabucchi che si lascia andare soltanto nella «Casa del Popolo» di un paesino toscano fra partite a carte e libagioni. Sono soltanto alcuni dei tantissimi aneddoti raccolti dallo scrittore e critico Paolo Di Stefano in Potresti anche dirmi grazie (Rizzoli, pagg. 414, euro 22), ovvero, come recita il sottotitolo, «Gli scrittori raccontati dagli editori».
Lontano dalla tentazione accademica, con un’eleganza e uno stile rari di questi tempi, Di Stefano ci accompagna nelle «officine» di Mondadori, Feltrinelli, Bompiani, Garzanti e di realtà più piccole ma altrettanto vive come minimum fax ed e/o. Attraverso la voce di editori protagonisti della cultura non solo italiana dagli anni ’60 ai ’90, in Potresti anche dirmi grazie - storica frase che Pavese scrisse a Norberto Bobbio - troviamo i maggiori autori più spesso al ristorante o in trattoria che nelle redazioni, con le loro debolezze e le loro passioni. Perché, come testimonia Gian Arturo Ferrari, per anni alla direzione generale dei libri Mondadori e oggi presidente per il Libro e per la Lettura del ministero dei Beni Culturali, «lo scrittore è un minatore calato in un pozzo che ha dentro di sé, passa tutta la giornata immerso in quel pozzo e quando ne esce non può rendersi conto facilmente del mondo né di se stesso: il compito di un editore è offrirgli una superficie riflettente che non ne distorca l’immagine». E non è sempre un compito facile. Lo stesso Ferrari confessa che Salman Rushdie è «l’autore più logorroico che abbia mai conosciuto», mentre Philip Roth è «un gentiluomo affabile ma assolutamente impenetrabile».
Severino Cesari e Paolo Repetti, inventori e direttori della collana «Stile Libero» di Einaudi, raccontano di una «memorabile serata» a Roma con Edward Bunker, «il leggendario autore crime che nel 1950, all’età di diciassette anni, poté vantare il non esaltante record di essere il recluso più giovane di tutti i tempi nel penitenziario di San Quintino». Invitato al Festival Letterature di Massenzio nel 2002, fino all’ultimo momento è irreperibile: arriva in albergo e «costringe» accompagnatori e ufficio stampa a bere tre Cuba libre. In viaggio verso il teatro, già in ritardo, costringe il taxi a fermarsi in un localaccio dove ordina un hamburger che pretende di vedere prima crudo. Finalmente arriva al Festival con un’ora di ritardo e migliaia di persone ad attenderlo. «Il pubblico era in delirio. Eppure Bunker non ha fatto e detto assolutamente niente. Con i suoi sedici anni di galera alle spalle, sembrava non ci fosse niente che potesse metterlo in difficoltà: era calmo, occhi azzurri di una serenità quasi sorridente e il viso segnato dalle tracce di una vita vissuta intensamente, emanava quasi delle vibrazioni zen».
Serata piuttosto complicata anche quella descritta dall’editore Marco Tropea, primo in Italia a scoprire James Ellroy. «Una notte è arrivato a fare pipì sul portone della chiesa di San Lazzaro a Milano, vicino a Porta Romana, urlando a squarciagola “Sono il cane pazzo della letteratura”». Sandro Ferri e Sandra Ossola, fondatori delle Edizioni e/o, raccontano di Bohumil Hrabal: «Era una specie di poeta pazzo: una volta, per le strade di Capri, se la prese con i sacchetti della spazzatura improvvisando un’invettiva comico-visionaria e surreale contro l’immondizia». «Un incontro sconvolgente» è quello che racconta Inge Feltrinelli. Riguarda la prima volta in cui vide Charles Bukowski: «Pazzesco vedere in che stato si trova un vecchio alcolizzato. Ricordavo in una vecchia fotografia la sua faccia bucata, piena di acne. Quando lo incontrai, la sua bruttezza era tale che si trasformò subito in uno strano fascino. Aveva una faccia straordinaria. Tutto era eccessivo in lui: anche la timidezza».
Fortunatamente non ci sono soltanto scrittori spericolati. Oreste del Buono, inseguito dalla segretaria Brunilde, Umberto Eco grande raccontatore di barzellette, Ferruccio Parazzoli, tra i migliori scrittori italiani, che con ironia racconta di quando negli anni ’50 esordì come recensore occupandosi della «sezione letteraria di un periodico di ostetricia». E non mancano neppure le polemiche.

Cesare De Michelis, presidente della Marsilio, racconta: «I Wu Ming sono l’invenzione di un mondo che serve per illudersi di capire. Ma anche Saviano: abbiamo capito cos’è il mondo in cui viviamo grazie a un romanzo inventato da un ventenne, che scambiamo per realtà. Lui, Saviano, ci ha marciato fino in fondo». L’editoria è anche questo.

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