È certamente una beffa per l'area politica severamente giudicata, il fatto che sia stata azzerata una Giunta provinciale di centrosinistra, quella di Taranto, per mancanza di donne. Una situazione imbarazzante per chi ha criticato snobisticamente, fino a ieri, i portoni che, invece, il centrodestra ha spalancato all'universo femminile. Una verifica mortificante per tutte le signore che da anni «se la tirano», convinte che l'appartenenza a sinistra sia sinonimo di considerazione e tutela giuridico-sociale a cura dei politici di riferimento.
Appunto, nel caso specifico, non sono stati i politici a difendere le donne, ma i giudici. I giudici del Tar di Lecce, che hanno ordinato al presidente Gianni Florido (Pd) di modificare la Giunta, nel rispetto di un articolo del regolamento della Provincia, così da assicurare la presenza di entrambi i sessi tra i componenti. Un'applicazione coatta, dunque, delle quote rosa, obbrobrio garantista al quale dovrebbe essere recisamente contrario chiunque veda nel merito e nelle capacità personali gli argomenti per emergere. A maggior ragione nell'amministrazione della «cosa pubblica».
Ciò non può evitare peraltro al centrosinistra di dover incassare a denti stretti la conseguente e inevitabile critica di maschilismo, fino a ieri riservata al centrodestra. Era così difficile per gli amministratori trovare donne meritevoli di sedere con loro nell'esecutivo provinciale? Non credo. Dunque, si è trattato del solito tavolo di maschi golosi di potere e incuranti di apprezzare le sorelle politiche più capaci. È vero che potrebbe aprirsi a questo punto una discussione filosofica che, quantomeno, darebbe voce a due scuole di pensiero sulla diversità dell'uno e dell'altro genere di maschilismo: c'è infatti chi esercita il potere gratificandosi delle donne epperò gratificandole, e chi invece lo esercita semplicemente emarginandole.
Ma sarebbe una discussione non politicamente corretta e densa dei soliti gossip.
Tuttavia i problemi che ora si pongono sono essenzialmente due. Primo: è giusto che i giudici, appartenenti al sistema giudiziario che, per principio costituzionale deve essere indipendente dal potere legislativo e da quello esecutivo, ora invadano a gamba tesa territori che dovrebbero restare esclusivi e di pertinenza del Parlamento o del Governo?
Se la nostra Costituzione prevede la tripartizione dei poteri e l'indipendenza reciproca, è per l'obiettivo di evitare la presa di potere dell'uno sugli altri. A sinistra si lamentano invece che l'esecutivo, il governo, soffochi il legislativo, cioè il Parlamento, con la ratifica continua e rapida di leggi governative non preventivamente discusse alle Camere. Si lamentano anche che il governo, con Lodi vari e riforme del Csm, stia anche per esautorare il terzo potere, quello giudiziario. Tuttavia, quest'ultimo, ormai svolge di fatto funzioni legislative - soprattutto ciò è evidente in alcuni articoli della recente riforma del codice civile - e interviene sulle decisioni dell'esecutivo, quale l'annullamento di una Giunta. Se si tratta solo di controllo, estemporaneo e limitato, può anche andar bene perché rispettoso della costituzione, ma se diventa sistema, vuol dire che siamo nella completa anarchia rivoluzionaria dei principi costituzionali.
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