Se la classe politica non è all’altezza

Ma che brutto spettacolo questa vicenda Telecom. Si direbbe la rappresentazione di come è ridotto il Paese e della classe dirigente che ne è al vertice. Nell’intervista, concessa al direttore di 24 Ore, il premier ironizza: «Che bel capitalismo, complimenti! E dicono ancora: è il mercato, bellezza!». Il che la dice lunga sulla cultura politica ed economica di chi ci sta governando. Sperare che costoro se ne stiano fuori da questioni che riguardano il mercato è illusione. Nelle loro pance ci sono tentazioni dirigiste e stataliste, e nostalgia dell’Iri. Nicola Rossi, l’ex consigliere di D’Alema, che li conosce bene, in una intervista alla Stampa testimonia: quando difendono l’italianità delle imprese nascondono la voglia di averle in dominio.
Leggiamo l’intervista a Repubblica di uno dei grandi protagonisti di questa infelice vicenda, il professor Guido Rossi. A dimostrazione che non abbiamo tesi preconcette, non esitiamo a dire che parte delle sue tesi le troviamo veritiere. Per esempio: «Al conflitto d’interessi di Tronchetti si sono mescolate le grandi manovre del risiko bancario, le eterne tentazioni di commistione della politica». Sottoscriviamo. E però, il professore sbinaria un po’ quando parla di «capitalismo selvaggio del primo Novecento», addirittura di «Chicago degli anni Venti». Ammesso che sia così, se ne accorge adesso? Ma lui, in quel capitalismo non c’è stato dentro fino al collo? Presidente della Consob, avvocato di grandi imprese, mallevadore di grossi interessi, persino commissario del mondo del calcio, e poi infine garante di Tronchetti.
E ora, che fa il professore? Si dimette e lancia accuse. Non le precisa, però, e rimane nel vago. Dice (sic): «Questo è un Paese disperante, dove ormai o si muove la magistratura oppure non succede nulla». Che cosa c’è da rivolgersi alla magistratura? Lo dica, se ne assuma la responsabilità, non alimenti il mistero. Su una cosa siamo d’accordo, e lo diciamo da osservatori di fede liberale: il capitalismo italiano sta vivendo un'epoca di grande debolezza. Non ci sono più gli Agnelli, i Pirelli, gli Ansaldo del primo Novecento, e neppure i Costa, i Valletta, i Pesenti, i Borghi del secondo Novecento. È un pezzo che il nostro capitalismo vola basso. Lo abbiamo annotato qualche anno fa in un paio di scritti che cortesemente ospitò 24 Ore. Qualche speranza la suscita il torinese Marchionne, che sta tentando di ridare ali alla Fiat. Ma il resto? Dove sono i «capitani coraggiosi»? Movimento ce n’è nel mondo bancario, che però invade campi che non gli competono, magari fiancheggiato da una discutibile politica. Quanto al Tronchetti, in attesa di vedere come finirà la sua avventura, va ricordato che gli stessi che oggi lo attaccano fino a ieri lo hanno corteggiato, adulato, indicandolo addirittura, per magnificenza di comportamenti, come affine a Gianni Agnelli. Ora viene linciato. Scalfari su Repubblica parla di «capitalismo straccione» (e forse un po’ di ragione ce l’ha, soprattutto se si pensa ai cosiddetti «furbi del quartierino), ma a noi sembrano più vicini alla realtà i giudizi dei nostri amici Maccanico e Carrubba, che rispettivamente in una intervista e in un articolo su 24 Ore parlano di «balcanizzazione» dell’economia e di «onnipotenza della politica». Sì, credo che il vero problema italiano, la peste che sta distruggendo quel poco di «miracolo» ch'è rimasto, sia una politica assolutamente mediocre, un po’ cialtrona anche, che pretende di regolare tutto, il pubblico e il privato, con poca cultura peraltro.
Proprio così, c’è una classe politica che sale in cattedra e pontifica senza averne a volte lo spessore culturale. Tra le tante cose che dovrebbero sapere, lo sanno che siamo il Paese da cui gli investimenti stranieri si tengono lontani, e che ce ne sono più in Spagna, in Polonia, in Lituania? Che si sappia, il solo ministro che in questa situazione tanto confusa prova a ragionare è la signora Lanzillotta, che fa semplice uso del buonsenso: «Non è importante - dice - dove sia la proprietà di un’azienda, quel che conta è un apparato molto stringente di regole».

E finiamola qui, in attesa di vedere come si concluderà questa brutta storia.

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