(...) Cultura in senso lato, certo. Cultura di una nicchia, forse. Ma, comunque, cultura. Il racconto della morte, questo racconto della morte, è qualcosa che va oltre ogni steccato generazionale, ogni limite musicale, ogni confine fra generi. Quel violino, lunedì sera, entrava direttamente nel cuore e sotto la pelle. Devastante, implacabile, vero. Anche chi non ha sentito una canzone di musica leggera, o cosiddetta tale, negli ultimi trentanni, non può rimanere insensibile di fronte a queste parole. Credetemi, fidatevi.
Poi, il concerto, poteva piacere o non piacere. Anzi, a tratti, a mio parere, Ligabue ha perso gran parte delle occasioni che gli offrivano gli strumenti di Pagani, il piano di Allevi e i nuovi arrangiamenti studiati per loccasione. Ma non è qui il punto.
Il punto è che, in occasione dellappuntamento culturale genovese più alto degli ultimi anni, la Genova della cultura ufficiale non cera. Sì, in platea, sedeva Davide Viziano, che della cultura griffata 2004 è stato un buon presidente, ma ora non ha ruoli istituzionali. Sì cera, trendyssimo nel suo completo nero, il sovrintendente del Carlo Felice Gennaro Di Benedetto, per loccasione padrone di casa, ma solo nel senso di locatario. Nella speranza che, presto, il Carlo Felice sappia osare e metta la faccia anche su una stagione leggera, che nulla toglierebbe alla seriosità e alla sacralità di quelle operistica e sinfonica. Anzi. E poi cera, come al solito, il simbolo della Provincia di Genova sui manifesti, sia pure come ente patrocinatore. Una presenza minima.
Ma, almeno, la Provincia repettiana cera. Poco, ma cera. Unica. Degli altri, nessuna traccia. E, una volta di più, così come è accaduto spesso, così come è accaduto addirittura anche durante il canonico 2004, a farsi carico della cultura giovanile che riempie stadi, palasport e teatri (laltra sera cerano centinaia di ragazzi in coda per accaparrarsi gli ultimi posti in piedi), è stato un privato.
Gli altri aspettano. Lui Spera. Chapeau.
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