Ci sono i prodigi della tecnologia più sofisticata e la sciatteria di tutti i giorni. Chissà perché le indagini sul Cavaliere sono sempre un parco tecnologico all’avanguardia e un metro più avanti, le altre, quelle che riguardano milioni di persone, spesso - e non è demagogia il ricordarlo - non vanno da nessuna parte. Giuseppe D’Avanzo su Repubblica ci spiega le magie dell’investigazione su Ruby: «La localizzazione cell-based» dei cellulari «con un margine di errore di cinquanta metri».
I telefoni mobili parlano, almeno quelli che entrano e escono da Arcore. Invece, a Brembate, dov’è scomparsa la piccola Yara, le meraviglie della scienza fanno cilecca e non si riesce a distanza di un mese e mezzo a capire se Enrico Tironi, il presunto testimone oculare che a giorni alterni viene sbeffeggiato e riabilitato, abbia detto la verità.
Dev’essere una congiura. Una congiura dei numeri. Le procure impegnate sul fronte del Cavaliere dispongono di kit alla James Bond e affrontano qualsiasi problema. Che poi lo risolvano è un’altra storia, perché a fronte di 110 indagini e 28 procedimenti contro il Cav non c’è lo straccio di una condanna. Pazienza. Lo slancio non viene meno. Circa mille magistrati si sono occupati di lui, in questi lunghi anni, altri seguiranno. Altrove annaspano. Avanzano con lentezza esasperante. E non trovano il bandolo.
Le cifre sono impietose. L’allora Procuratore generale della cassazione Francesco Favara, che ha fra le mani il termometro della lotta alla criminalità, confessa amaramente che fra il luglio 2001 e il giugno del 2002 quattro reati su cinque sono rimasti senza colpevole. È una proporzione agghiacciante che gli ermellini ci trasmettono fra una cerimonia e l’altra come fosse normale. Per la precisione, l’alto magistrato indica i delitti, dunque la stragrande maggioranza degli illeciti penali che preoccupano l’opinione pubblica, e fornisce un dato che non ha bisogno di commenti: sono rimasti sconosciuti gli autori di 2.289.363 delitti, pari all’81 per cento di tutti quelli denunciati. In sostanza se prendiamo cinque persone che si sono affidate alla giustizia, dobbiamo concludere che solo una quella giustizia l’ha avuta. E ci riferiamo ai furti, agli scippi, alle rapine, alle violenze, agli omicidi.
Alla criminalità piccola e grande che disturba o peggio terrorizza i cittadini. «Per taluni tipi di reati, tipo il furto di veicoli - commenta il pg - le indagini non vengono neppure iniziate». Perché per trovare il ladro o l’assassino o il rapinatore ci vuole tempo, ci vuole fiuto, ci vuole fortuna e servono molte energie. Tutte qualità che abbondano quando i pm si dirigono sulle case del Cavaliere. Coincidenze.
Favara in quella relazione si consola guardando al passato prossimo: in precedenza i responsabili impuniti avevano raggiunto il picco dell’83 per cento. Un ulteriore e sconfortante 2 per cento in più. Così siamo al paradosso che l’80 per cento di flop è un dato quasi rassicurante.
Certo, siamo al 2001. Troppo indietro? Ci spostiamo al 2005 (dati del 2004) e la musica non cambia. I delitti impuniti raggiungono ancora una volta le vette, vergognose, dell’81 per cento. Questa volta con un doloroso più 3,7 per cento sui dodici mesi precedenti. Ma se scomponiamo la massa indistinta delle notizie di reato, il quadro peggiora: sono ignoti gli autori del 95 per cento - sì, avete letto bene - dei furti, ovvero uno stock sterminato di 1.343.891 notizie di reato; va un po’ meglio, si fa per dire, con le rapine dove la percentuale di buchi nell’acqua si ferma sulla soglia dell’80 per cento. E si blocca ancora più in basso per gli omicidi, tentati o consumati: qui siamo al 50 per cento. Il bicchiere è mezzo pieno. Ma anche mezzo vuoto. Un assassino riuscito o mancato su due l’ha fatta franca.
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