«Non voglio vivere, prima di tutto voglio amare. Il resto non conta, il resto non minteressa». Era solo linizio. Francis Scott Fitzgerald e Zelda Sayre sono la coppia simbolo degli Anni Venti. Gli anni spregiudicati e ruggenti, dove ogni piacere sembrava lecito e il gusto per la trasgressione iniziava ad avere il sapore della dolce vita. Nei locali i grammofoni ripetevano ritmi blues e jazz. Zelda era lì, bella e spudorata che sgambettava da far girar la testa. Linferno inizia come una bella favola: lui è sullonda del successo, i suoi romanzi vendono bene. La gente lo ama, in coppia sono perfetti. Insieme sono più che marito e moglie, più che amanti, sono una promessa, unambizione assoluta. Scivolano su ogni regola, se ne fregano del buon senso e della morale. Si sbronzano di vita. Spensieratezza, leggerezza, gioia. Sempre. Passano da un party allaltro. Lui la presenta alle feste come lamante, lei balla sui tavoli, si sfila le mutandine per offrirle al migliore offerente, alluscita dallhotel fanno girare la porta girevole per mezzora e ridono come matti, viaggi sui tetti dei taxi con lei aggrappata al cofano. In mezzo tradimenti, litigi, calci e urla. Lalcol scorre a fiumi, fino a provocarne dipendenza. I debiti lievitano, una tristezza si insinua per non lasciarli più. Dicono sia il prezzo da pagare per la genialità: prendere o lasciare e se ti butti trovi il grande baratro, e quando voli, voli via davvero. La vita allora ti sgorga a fiumi nelle vene, ti senti imbattibile, invincibile. Ti ubriachi di follia, passione, dolore. Cerchi leccesso per raggiungere dio. Lapprodo è solo nichilismo. Tra Scott e Zelda lamore diventa una corda intorno al collo da voler tirare, seguono suicidi falliti, cliniche psichiatriche, maledizioni, scandali. Nel 44, pochi mesi prima di morire ancora lultima lettera di Zelda. Una dichiarazione damore intensa, che ha conservato la forza dellassoluto.
Per Kourt Cobain e Courtney Love la discesa allinferno comincia in sordina. Negli anni Novanta lui è come un dio. Una leggenda vivente del rock, il leader dei Nirvana. Il dolcissimo e sfortunato Kourt, «poeta del dolore», come lo definivano i critici, la vera voce di una generazione adolescente, malato di iperattività e curato con le medicine sbagliate da piccolo. Sedativi per placare le ansie che lo tormentano. Poi arriva lei. La sua metà, il suo uguale. Courtney Love, immorale, dispotica, selvaggia, alleccesso. «Voglio che sappiate che io lamo. Voglio che la amiate anche voi». I 100mila fan iniziano a cantare: «Ti amiamo Courtney». Unattrazione diabolica, viscerale. Insieme si drogano ancora più di prima. Ad annegare per primo nella fragilità è lui. Il 5 aprile del 1994 si suicida. Lascia un diario: «La vita non mi diverte più».
Gli ultimi maledetti, quelli che finiscono sulle copertine e sui tabloid con strisce di cocaina pronte da sniffare sono Kate Moss e Pete Doherty. Seguono il copione dei belli e dannati. Entrano ed escono da cliniche per disintossicarsi a volte da alcol, altre volte da droghe. Stanno insieme per poi mollarsi. Il copione si ripete.
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