Se una pianta resuscita dopo 30mila anni

Se una pianta resuscita dopo 30mila anni

Ha dormito in una bara glaciale per molti anni. Non dieci, non venti: molto più di un secolo. A dirla tutta, è stata nascosta al mondo per 32.000 anni. Uno scoiattolo in Siberia nordorientale potrebbe averla conservata, a 38 metri di profondità da una piccola feritoia della sua terra artica: preservandola senza saperlo dall'invecchiamento, e ghiacciando la sua bellezza selvatica, candida come la neve, fino ad oggi.
Il nome di battesimo dei suoi semi è Silene Stenofylla. È una scoperta russa, ma il conclave degli scienziati si concede del tempo per esaminare a fondo questo fenomeno che, se confermato, sarebbe la scoperta della forma vivente più antica al mondo. Non solo. Potrebbe essere l'inizio di ricerche di forme di vita estinte per le quali il permafrost (cioè il congelamento del terreno tipico delle zone artiche) avrebbe consentito le stesse condizioni di rinascita: una temperatura stabile di 7 gradi sotto lo zero, che ha mantenuto le «potenzialità vitali» della pianta, poi stimolate in laboratorio a 32 millenni dalla scomparsa. Ma il culmine della scoperta è che il piccolo genio dello scoiattolo, artefice di questo «sonno protetto», potrebbe aver lasciato traccia: e se quel bunker di vita e mistero celasse anche un tessuto del roditore - come assicura lo scienziato Stanislav Gubin - il passo da lui al mammuth potrebbe essere breve. La ricerca di Gubin, pubblicata da Proceedings of the National Academy of Science, spiega che «gli scoiattoli scavavano nel ghiaccio per costruire tane della grandezza di un pallone da calcio. Vi deponevano della paglia e i propri peli: un deposito praticamente perfetto».
Intanto questo piccolo fiore bianco surclasserebbe per longevità la pianta che detiene il record: una palma da dattero, cresciuta da un seme di 2000 anni recuperato in una fortezza di Masada, in Israele. Due, invece, i casi affascinanti ma poi screditati: uno riguardava del grano coltivato da semi di antiche tombe faraoniche; l'altro, una specie di lupini germinati da semi di 10.000 anni, riposti con cura, pure questi, nella tana di un roditore e riportati in superficie da un cercatore d'oro nello Yukon. Una datazione con radiocarbonio decretò che erano stati contaminati: metodo affinato col genoma di Neanderthal.
Ma i frutti di Silene Stenofylla hanno già riservato sorprese. Dapprima si era tentato di farli germinare, ma senza successo; altre parti invece (definite non a caso «tessuto placentale») hanno prodotto nuove piante. Merito degli zuccheri contenuti in questi elementi, tanto efficaci per la conservazione. Secondo Svetlana Yashina, a capo di quest'opera di resurrezione, «la pianta è fertile, genera fiori e semi vitali». E, se nella stessa zona un team di ricercatori giapponesi è impegnata da anni nel recupero di antichissimi pachidermi (e ghiotta di scoperte sul mammuth), l'Accademia russa si dichiara agguerrita: «La terra è nostra. Cercheremo di arrivare per primi».

Un agone di ingegno e rapidità, insomma, puntato verso questi occhi pallidi che si riaprono sul mondo, dopo un sonno millenario: un disgelo dalla bambagia fredda che ha cullato, in silenzio, la storia e l'eternità di quello che un tempo era un fiore tra tanti.

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