Se al salone-bis la sirena canta a tariffe low cost

IL COMMENTO Da una parte Fiera di Genova e Ucina-Confindustria Nautica. Sulla trincea opposta Marina Aeroporto di Sestri Ponente con il suo salone alternativo dedicato alla vela. La secessione, se consumata, farebbe molto male a tutti

Se al salone-bis la sirena canta a tariffe low cost

La «guerra dei saloni», che si combatte senza esclusione di colpi da circa un mese, ha già emesso un primo bollettino: di contrapposizioni si muore. La politica è morta così. Potrebbe morire anche la massima espressione della nautica italiana nel mondo: il Salone Internazionale di Genova. Da una parte Fiera di Genova e Ucina-Confindustria Nautica. Sulla trincea opposta Marina Aeroporto di Sestri Ponente con il suo salone alternativo esclusivamente dedicato alla vela. La secessione, se consumata, farebbe molto male a tutti.

Accomodarsi al tavolo del potere, e avventarsi su fette e fettine della torta che inevitabilmente il potere offre, non è cosa buona e giusta. E soprattutto non paga. Da semplice osservatore di cose marinare, tento di capire le ragioni degli uni e degli altri: Fiera e Ucina hanno l’obbligo di difendere l’«istituzione» Nautico; sull’altro fronte alcune aziende che non sono più in grado di sostenere i costi che la rassegna impone. La madre di tutte le crisi degenerata in recessione ha colpito pesantemente l’intero settore. Ma è fatto noto dal 2008: «Costi esagerati, insufficienza di parcheggi, problemi di viabilità», gridano i dissidenti. Vero. Ma messa in questi termini, la diaspora tutta genovese rischia di riscrivere la trama di Ottobre Rosso. Che poi sarà il thriller dell’ottobre genovese.

«È difficile capire quando fermarsi in una gara di resistenza», fu il commento di Bart Mancuso, capitano del sottomarino Dallas. Ma è ancora più difficile capire se tra i nodi della cima che sta per rompersi vi siano ancora spazi di dialogo. A mio avviso i margini sono esigui, però ci sono. I dissidenti abbiano almeno la consapevolezza che lo scisma è il peggiore dei mali. E se ne assumano tutta la responsabilità. Se la cima si spezza c’è solo la deriva. Per tutti. Perché la rivolta, giusta o sbagliata che sia, va a colpire quella «istituzione» che li ha fatti crescere nel corso degli anni (di vacche grasse, bisogna dirlo), mettendo in vetrina i loro prodotti davanti agli occhi del mondo. Certo, a pagamento, ma con un ritorno d’immagine che ha fatto di molti marchi vere e proprie icone del made in Italy.

La crisi - che ha colpito tutti i settori - non può diventare pretesto per divisioni e spacchettamenti più o meno interessati. Né per guerre fratricide - Ponente contro Levante - nella stessa città. Al contrario, imprenditori coraggiosi sostengono che la crisi sia un’opportunità per ripartire. Con le idee. E invece va in scena la notte dei lunghi coltelli fra chi è deputato legittimo a gestire e organizzare il Salone e un’azienda che di mestiere dovrebbe fare il gestore di un porto turistico. Se non è follia questa... Nessuna meraviglia, per carità. Questo nostro fantastico Paese ci ha abituati a ben altro. Ma gli strateghi sappiano che con simili piani di battaglia, dal campo usciranno solo sconfitti. Inevitabilmente.

È vero, il settore della vela ha fatto per anni la parte di Cenerentola al Nautico di Genova. È stata privilegiata la nautica a motore. Tariffe e costi sono lievitati. Fiera e Ucina lo sanno benissimo, tanto che hanno messo sul tavolo un piano condivisibile e «ricevibile» per il rilancio dell’industria velica. In ogni caso è una partita delicata, dai tatticismi esasperati che tuttavia potrebbero portare a una svolta importante. C’è ancora spazio per un confronto più sereno. A patto che il gioco sia pulito e leale.

Consapevoli, tutti quanti, che un definitivo niet di Marina Genova Aeroporto giustificherebbe una eventuale e legittima azione legale da parte di Fiera e Ucina per concorrenza sleale. Non certo nei confronti dei dissidenti, come invece si è voluto far credere, alimentando così stupide polemiche nel goffo tentativo di confezionare improbabili scoop. La realtà è un’altra. Com’è noto, infatti, le aziende non hanno l’obbligo di partecipare ai saloni nautici. Né a Genova, né altrove. E quindi non possono essere citate in giudizio per «diserzione».

Per concludere: a mio avviso è immorale - soprattutto in un settore poco «simpatico» - far cantare la sirena delle tariffe low cost per

qualche giorno di business-boomerang. Il dibattito è aperto. Il Giornale di Bordo ospiterà volentieri i contributi di lettori, addetti ai lavori e appassionati. Servirà? Al figliol prodigo si perdona sempre tutto.

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