Ci si lamenta, che l'Italia non cresce abbastanza, che noi non abbiamo abbastanza investimenti esteri e che ciò è fra le cause della minore crescita del Pil dell'Italia rispetto all'estero, data la inadeguata presenza di grandi imprese. Ciò è vero, ma è troppo facile dare la colpa la colpa di questo al governo attuale. Ecco ora due casi emblematici, su cui riflettere a mente fredda.
Il primo caso è la condanna a 16 anni di reclusione a carico di Harald Espenhahn, amministratore delegato di Thyssenkrupp, per omicidio volontario «con dolo eventuale», con una sentenza definita correttamente come svolta epocale. Il secondo caso, anche esso di questi giorni, è il ricorso della Fiom, aderente alla Cgil contro i contratti per Pomigliano e Mirafiori di Fiat auto, sulla base dell'articolo 2112 del codice civile interpretato al di là del tenore testuale.
La lotta sindacale così si è trasformata in lotta nei tribunali, secondo la deriva della nuova fase della opposizione, sia essa quella politica, che ricorre ai processi per cercare di modificare la volontà degli elettori o quella sindacale, che avendo perso i referendum aziendali, vuole ribaltare il giudizio dei lavoratori con i cavilli giudiziari. In entrambi questi casi, ci si trova di fronte al fondato rischio che gli stabilimenti in Italia delle due grandi imprese siano chiusi, i lavoratori perdano il posto, l'indotto venga meno con danno per l'occupazione e la produzione italiana. Faccio riferimento alle dichiarazioni dei capi delle due grani imprese interessate, e del presidente Pd della provincia di Terni ove si trova il principale stabilimento italiano Thyssenkrupp, con ragionamenti basati su dati di fatto. Klaus Schmitz, presidente della TyssenKrupp, dichiara che si tratta di una sentenza inspiegabile e incomprensibile che fa sorgere il problema di sapere quale sarà la giurisprudenza in tema di sicurezza sul lavoro e arguisce che con sarà difficilissimo lavorare in Italia. Feliciano Polli, presidente della provincia di Terni, già dirigente di imprese siderurgiche e membro della presidenza dell'Associazione Nazionale comuni italiani (Anci) con deleghe per la ricerca e l'Università afferma che il verdetto, eccessivamente duro, preoccupa fortemente per gli effetti sulle prospettive di una grande azienda. Il dolo eventuale che ha comportato la condanna in primo grado a 16 anni per l'ad Harald Espenhahn, è una costruzione della dottrina, non si trova nel codice penale. Per la Cassazione esso si distingue dalla colpa cosciente perché comporta la rappresentazione della concreta possibilità della realizzazione del fatto e accettazione del rischio e quindi la violazione di esso. In sostanza l' imputato pensava che i sei operai o altri di analogo numero potessero morire a causa della situazione non sicura, che egli conosceva interamente. In Italia è la prima volta che si applica questa nozione a casi come questo.
In Germania e negli altri stati non si è ancora giunti a simile conclusione in casi analoghi. Ora c'è un precedente, dovuto a una sentenza, non a una definizione testuale della legge. Il ricorso della Fiom per Fiat auto si aggrappa all'articolo 2112 del codice civile che dice che In caso di trasferimento d'azienda, il lavoratore conserva tutti i diritti, compresi quelli previsti dai contratti collettivi anche aziendali vigenti alla data del trasferimento salvo che siano sostituiti da altri. Fiat auto era uscita da Confindustria, prima della costituzione delle nuove società per Mirafiori e Pomigliano, denunciando così l'accordo collettivo nazionale di concertazione del 1993 e i lavoratori a maggioranza avevano accettato il nuovo contratto collettivo aziendale proposto da Marchionne. Marchionne ha dichiarato che senza questo contratto aziendale non prende la Bertone, né realizza il progetto fabbrica Italia.
Le sentenze dei magistrato del lavoro spesso hanno interpretato le norme in modo evolutivo. C'è solo da sperare che questa volta prevalga il testo scritto.
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