«Se vincerà l’Unione saranno bloccate tutte le grandi opere»

«È a rischio la competitività del Paese»

nostro inviato a Rimini

Le grandi opere sono uno dei marchi di fabbrica del governo Berlusconi, una delle grandi sfide lanciate nel 2001. Ma sono, soprattutto, sangue, respiro e condizione di sopravvivenza per il nostro Paese. Per questo vanno vissute in maniera sana e intellettualmente onesta, come «un successo laico» per l’Italia, non come «un successo di una parte politica».
Pietro Lunardi arriva al Meeting di Cl e si impegna in una orgogliosa rivendicazione del lavoro di restyling delle nostre infrastrutture fatto in questi quattro anni. Ma soprattutto lancia l’allarme sul riflesso distruttivo pronto a scattare nel centrosinistra in caso di vittoria. Un timore espresso senza mezzi termini da Lunardi. «Il piano delle grandi opere messo in cantiere finora sarà sicuramente bloccato se il prossimo governo non sarà più guidato dalla Casa delle libertà» avverte il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. «Il mio - aggiunge - non è terrorismo, è solo pragmatismo: in questi quattro anni mai l’opposizione ha accettato e condiviso questo continuo e capillare lavoro di infrastrutturazione organica che il governo è riuscito ad attivare». Per avvalorare la sua tesi e dimostrare che l’atteggiamento dell’Unione è dettato soltanto dalla ragion politica, Lunardi porta un esempio concreto. «Il ponte sullo Stretto di Messina è ora ostacolato dalla stessa compagine che solo quattro anni fa aveva dato formalmente il pieno sostegno all’opera» ricorda il ministro. Il problema, però, è che il prezzo di questa eventuale «offensiva di ritorno» verrebbe pagato da tutti gli italiani. «Il mancato completamento del programma definito nel 2001 comprometterebbe in modo irreversibile la competitività del Paese». Non dimentichiamoci che «l’incidenza del costo della logistica sulla produzione si attesta intorno al 20-22% mentre negli altri Paesi Ue è al 14-16%. La realizzazione delle infrastrutture non rappresenta un banale arricchimento del territorio ma produce condizioni di competitività reale». In ogni caso, qualunque sia il verdetto del 2006, il governo Berlusconi lascerà un’eredità importante al Paese. «Abbiamo appaltato e cantierato opere per un valore pari a 34 miliardi di euro, il 26,5% del valore del primo programma delle infrastrutture strategiche. Altri 65 miliardi di euro saranno appaltati e cantierati entro il primo semestre 2006 per strade e ferrovie». Lunardi ci tiene a ricordare come il Cipe abbia già approvato interventi per un valore di 57,9 miliardi di euro e garantito risorse per 38,7 miliardi: un livello di impiego alto visto che il programma decennale delle infrastrutture strategiche del dicembre 2001 prevedeva un volano di risorse pari a 125,8 miliardi di euro. Senza dimenticare che gli interventi collegati alla legge obiettivo «hanno già generato una crescita del Pil di 1,6 punti percentuali mentre la crescita occupazionale è stata pari a 700mila posti di lavoro».
C’è spazio anche per un passaggio sull’emergenza-scioperi. «La precettazione degli assistenti di volo del Sult, in vista dello sciopero del 30 e 31 agosto, è un atto dovuto che serve a tutelare innanzitutto i passeggeri ma anche gli stessi dipendenti di Alitalia il cui posto di lavoro non può essere messo a repentaglio per l’interesse di pochi».

Una posizione sposata anche dal segretario della Cisl, Savino Pezzotta, che fa fronte comune con Lunardi nel predicare fermezza: «Io sono per il rispetto delle regole. Punto e basta. Se ci sono delle regole, tutti siamo impegnati a rispettarle. Se non ci piacciono, possiamo lavorare per cambiarle. Ma finché ci sono restano quelle».
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