"Seduco Carnera, ma non mi spoglio più"

Protagonista della pellicola «Cosa c’è?» di Peter Del Monte, gira tre fiction che saranno trasmesse da Raiuno e Canale 5

"Seduco Carnera, ma non mi spoglio più"

Roma - Per molti resta la ragazza Tim. Prima sbarazzina fanciulla della porta accanto, poi sempre più sexy e allusiva, pronta a salire sulle spalle di un prete o a farsi rubare i vestiti dal cane mentre fa il bagno nuda. Invece quattro anni dopo Katarzyna Anna Smutniak, detta Kasia, polacca di Varsavia, padre generale, una figlia, Sophie, avuta da Pietro Taricone, col quale vive felicemente nella campagna romana insieme a sei cavalli, è diventata testimonial di se stessa. Niente spot, poca mondanità, un'esistenza da attrice seria, se perfino un cineasta rigoroso e colto, molto da festival, come Peter Del Monte l'ha voluta protagonista del film Cosa c'è?.
Trattasi di storia d'amore nell'arco di dieci anni, dura e a tratti impietosa, nella quale questa ventisettenne dalla bellezza evidente ma non vistosa interpreta Mavi: una «sciroccata» di origine slava che vivacchia facendo la commessa o la barista, forse vittima di un padre incestuoso, portatrice di un'energia oscura, destabilizzante. Una sera investe con l'auto l'universitario Teo (Marco Foschi), aspirante astrofisico: lo soccorre, lo porta in ospedale, gli dona il suo sangue, poi scompare. Incontro cruciale. Chiaro che lui la cerca: si amano, fanno insieme una figlia, poi tutto precipita.
Ha raccontato il regista a la Repubblica: «Lui, uomo sovrastrutturato che ha paura del caos e ha bisogno d'ordine, è sopraffatto da Mavi. Fin dal titolo, il film rimanda dallo smarrimento davanti ai comportamenti umorali, imprevedibili, di lei, a un interrogativo più vasto: cosa c'è al di là del confine della nostra conoscenza». Peccato che la Smutniak, vibratile e sventata sullo schermo, immersa negli abissi dell'inconscio, a un passo dall'autodistruzione, non possa parlare di questo film, a cui pure tiene molto. Del Monte ha impartito ordini precisi: niente interviste.
Però si può parlare del resto, no?
«In effetti, sono passata da un set all'altro, soprattutto tv. Mi sembra di essere in una centrifuga. Sempre meglio che essere disoccupata. Magari è solo questione di fortuna. Una cosa tira l'altra, ti offrono due lavori, ne arriva un terzo, e così via».
Ricapitoliamo: due fiction per Raiuno, una per Canale 5.
«Sì. Nella miniserie su Giuseppe Moscati, il medico santo di Napoli, con Beppe Fiorello, faccio una principessa ricca e fragile del primo Novecento. In quella sul cantautore Rino Gaetano, accanto a Claudio Santamaria, sono una donna anni Settanta: una compagna, un tipo tosto, pure femminista. Poi c'è il film tv di Renzo Martinelli su Primo Carnera, il grande pugile. Mi sono divertita molto. Sono Emilia Tersini, la sua prima fidanzata. Una ragazza cattiva, un'autentica stronza».
In che senso?
«Nel senso che circuisco e seduco Carnera, mi faccio promettere per iscritto che mi sposerà e quando lui vince l'incontro con Sharkey nel 1933 lo porto in giudizio per le mancate nozze e riesco a soffiargli quindicimila dollari».
Donna rischiosa. Anche nella vita?
«Ma no. Sono una persona tranquilla. Abito in campagna, mi occupo delle staccionate da costruire, sto vicina a mia figlia e al mio uomo. Ho una famiglia, e grazie a Dio non devo più farmi vedere per lavorare. Però è vero: quando scelgo i copioni, preferisco ruoli distanti da me. Fare la donna romantica e gné-gné è una palla».
Narrano di sfuriate da star e di pretese assurde all'epoca del suo rapporto con la Tim.
«Bah! La mia immagine fu pompata all'infinito: ero dappertutto, sui muri, in tv, nei supermercati. Mi volevano sempre più spogliata, aggressiva, sexy, con le tette al vento. Non ho retto più. Chiudere con gli spot è stato un bene. Appena ho potuto mi sono tagliata i capelli corti, così non me li cotonavano più».
Con Taricone come va? Fare lo stesso lavoro aiuta o complica?
«Ci siamo conosciuti sul set di Radio West, più di tre anni fa. Da allora stiamo felicemente insieme. È un uomo gentile, galante, dà sicurezza. All'inizio pensavo: “Non funzionerà, siamo troppo diversi“. Invece siamo più legati di prima. Recitare mi piace, fa battere il cuore, mette in gioco i sentimenti, quasi non ti pare di lavorare. Ma la vita vera sta altrove. Guai a prendersi troppo sul serio. Ora voi giornalisti mi cercate, dite che sono brava. Ringrazio, ma proprio non so quanto durerà».
Eppure i registi con i quali ha lavorato, da Oldoini a Campiotti, da Martinelli a Del Monte, sembrano stimarla.
«Di nuovo ringrazio. Sono un'attrice d'istinto, fortunata con le lingue, non ho fatto scuole.

Però sono polacca: non arrivo mai in ritardo, non me la tiro, detesto una certo andazzo “alla romana“. Perché film non si fanno da soli».
Questa dimensione di mamma country, più morbida e rassicurante, le sta bene. La famiglia si allargherà?
«Per adesso no. Se succede, succede, ma non ci sto provando».

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