A ben pensarci qualcosa non quadra. La guerra dei 15 anni è sempre tale da 15 anni, senza vinti né vincitori. O meglio. Silvio Berlusconi vince le elezioni, i suoi oppositori restano tali. Eppure il copione si ripete, identico nei contenuti se pure sempre più esacerbato nei toni. Antonio Di Pietro ha dismesso la toga ma continua a invocare le manette dai banchi del Parlamento, arringando la folla in piazza. Eugenio Scalfari è dal 1994 che ripete, evidentemente inascoltato, lo stesso concetto: poiché si ostinano a votare il Cavaliere nero, è chiaro che gli italiani sono un popolo «senza qualità», gente «servile», «buffoni di corte». Per capire che cosa non torna, bisogna guardare all’ultimo cd di Franco Battiato. Il guru che guardava il mondo da una dimensione metafisica è sceso dal suo tappeto e si è arruolato nell’esercito degli anti-Silvio con versi che paiono slogan di piazza. Eccolo, il segreto: l’antiberlusconismo paga. Porta voti all’Idv, fa vendere copie al fondatore di «Repubblica», dopo quarant’anni di assenze alternate a fugaci apparizioni, mette lo sciamano della musica leggera al centro di un palcoscenico tutto nuovo. È marketing, e meno male che Silvio c’è...
Di Pietro, il giustizialista che prospera sul Cav
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