Il segreto di Bruno: quella casa in affitto dagli amici di Balducci

Nel suo sfogo in tv contro il vicedirettore del Giornale, Nicola Porro, eppoi nella risposta scritta al direttore Vittorio Feltri (che pubblichiamo sotto) Bruno Vespa se la prende con questo quotidiano che ha pubblicato il famoso «elenco dei 400», altrimenti noto come «lista Anemone». Sia a Porta a porta che nella lettera Vespa si dimentica di riferire un dettaglio, magari non decisivo, che forse ai telespettatori andava dato. E cioè che anche lui abita in una casa, una splendida casa su tre livelli a Trinità dei Monti, di proprietà di Propaganda Fide, la congregazione per l’evangelizzazione dei popoli finita nel mirino della magistratura per gli immobili riportati nella «lista» e per l’allegra gestione del suo patrimonio di case e palazzi in parte «affidato» al provveditore Angelo Balducci. Sì, proprio lui, il gentiluomo del Papa nominato dal cardinale Sepe membro del comitato dei saggi che sovrintendeva al patrimonio immobiliare, e che spesso agiva come una sorta di agente porta a porta per affittare immobili ai potenti, arrestato insieme all’imprenditore Anemone, proprio lui, il titolare della lista che porta il suo nome. Un dettaglio, insistiamo, non determinante. Da non omettere, però. Da non omettere, però, come la questione dell’affitto. Quanto paga effettivamente l’ex direttore del Tg1 per una delle più belle case della Capitale, con tanto di giardino, terrazze mozzafiato e jacuzzi esterna? La domanda non è di poco conto visto che nel lontano 2006, stando a quanto riferiva il foglio economico Italia Oggi, il successore di Crescenzio Sepe al vertice della congregazione, e cioè il porporato indiano Ivan Dias, appena insediato decise di vederci chiaro su alcuni immobili dati in fitto ai privati che non rendevano quanto avrebbero dovuto. Fra le situazioni da rivedere, alcuni appartamenti disseminati intorno al Palazzo della Propaganda Fide in piazza di Spagna, compreso dunque l’alloggio di Vespa. All’epoca sulla querelle vi furono smentite, precisazioni, minacce di querele. Secondo le vecchie ricostruzioni, rilanciate recentemente anche dal sito Dagospia, nelle sacre stanze non si sarebbe poi dato seguito alle richieste del cardinal Dias (anche) per Bruno Vespa fors’anche perché quest’ultimo aveva speso un mucchio di soldi per ristrutturare centinaia di metri quadrati di casa. Per correttezza va sottolineato che questi lavori, a detta di Vespa, vennero da lui personalmente liquidati «senza aver mai sentito nemmeno nominare Diego Anemone», uno che invece era di casa in molte delle case di Propaganda Fide.

Compresa quella di via dei Prefetti alienata, secondo i pm, a un quarto del suo valore all’ex ministro Lunardi dal cardinal Sepe, attraverso Balducci. Sul Messaggero del 5 maggio scorso il Vaticano per la prima volta ha fatto trapelare il suo «sconcerto»: per la gestione dissennata del patrimonio, non per la pubblicazione della Lista Anemone.

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