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Il segreto dell’Inter? Tanti «gialli»

Un giorno José Mourinho si avvicinò a Sneijder e gli disse: «Wesley, ti vedo un po’ stanco. Prenditi qualche giorno di vacanza con la famiglia». È stato lo stesso olandese a raccontarlo, qualche tempo fa. Aggiungendo: «Tutti gli altri tecnici mi parlavano solo di allenamenti, lui mi mandava in spiaggia. Così sono partito per Ibiza tre giorni. Quando sono tornato, ero disposto a uccidere e morire per lui».
Forse è stato anche questo il segreto dell’Inter del «triplete». C’è una particolare correlazione tra il numero degli ammoniti e le vittorie dei nerazzurri nella passata stagione. Una squadra che scende in campo con quella cattiveria agonistica da sempre professata dallo Special One, non può che non andare incontro a un elevato numero di cartellini gialli. Sotto la guida di Mourinho furono 87 in 38 partite, conditi da 7 espulsioni: una media di 2,65 ammonizioni a partita. Mou chiedeva sacrificio, i giocatori rispondevano senza mai tirare indietro la gamba. «Pronti a uccidere e a morire», per dirla alla Sneijder.
Con l’arrivo di Benitez qualcosa è però cambiato nello spogliatoio nerazzurro: gli occhi della tigre si sono trasformati in quelli di un agnellino impaurito. I nerazzurri diventano la squadra più «buona» della serie A, si contano 18 cartellini gialli in 15 partite, espulsioni nemmeno a parlarne. E i risultati ne risentono: 23 punti in campionato, una media di 1,5 punti a partita, molto simile alla media degli ammoniti (1,2 a match). Impietoso il confronto con l’Inter dello Special One: 2,15 di media punti, 2,65 quella delle ammonizioni.
Arriva Leonardo, tornano le vittorie e ricomincia a crescere il numero dei cartellini gialli: 16 nelle prime 8 partite di Leonardo, quasi quanti ne aveva «collezionati» Rafa (con il doppio delle gare).

Alla faccia dei sogni e delle emozioni che il brasiliano va professando, la sua è un’Inter sì vincente ma anche tosta. Che non significa esclusivamente cattiva, nella connotazione peggiore del termine, ma determinata e pragmatica. E questo non è certo un difetto.

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