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Il Senatùr Il voto di sfiducia

RomaGli industriali «si sveglino» e i vescovi «pensino a dire qualche messa in più». Quanto alle pensioni, niente riforma e nessun ritocco, la Lega non ci sta. E per farsi capire bene, Umberto Bossi alza il dito medio, un po’ il marchio di fabbrica. Poi sbuffa e allarga le braccia, scuote la testa: «Tagliare le pensioni? No, noi non vogliamo portare via i soldi alla povera gente per regalarli agli imprenditori, come pretende la Confindustria. Non siamo mica matti». Ma Berlusconi e Tremonti non chiedono proprio questo? Non hanno insistito ieri nell’incontro di Palazzo Grazioli? «No, non l’hanno fatto. E poi anche loro vogliono bene ai poveracci».
Davanti a Montecitorio, prima del voto su Saverio Romano, c’è il solito mucchio di telecamere e giornalisti attorno al Senatùr. Lui, camiciola verdina a mezze maniche e il braccio sinistro al collo, all’inizio cerca di svicolare. Gli chiedono dei rapporti tra il premier e il ministro dell’Economia, vogliono sapere se il governo reggerà fino al termine della legislatura, se la Lega staccherà la spina. Bossi sulle prime si defila. «No, non parlo, non voglio darvi un titolo. Sì o no, qualunque cosa dica domani l’apertura dei giornali sarebbe quella...». Ma alla fine il Senatur titoli li dà. La legislatura, insistono, durerà fino al 2013? «Speriamo. Abbiamo iniziato a ragionare per cercare di risolvere i problemi». E poi, poche ore dopo, a voto della Camera incassato: «Non lo so». Dunque il vertice dell’altra sera è andato bene. «Benissimo», risponde, e i risultati, assicura, arriveranno a breve. Quali sono i provvedimenti in cantiere? «Dobbiamo pensarci sopra, bisogna trovare la strada giusta per rilanciare l’economia. Bisogna insomma mettere d’accordo un po’ di teste». La strada è quella delle decisioni collegiali, sperando che la tregua tra Berlusconi e Tremonti regga. «Tutti e due - spiega Bossi - sanno che occorre fare delle leggi per aiutare l’economia del Paese. Silvio e Giulio sanno che va trovata una soluzione». E presto si insedierà la squadra che dovrà occuparsi delle misure per la ripresa. «Ripeto, abbiamo cominciato a ragionare e abbiamo trovato un gruppo di lavoro». Da qui l’invito ai poteri forti, a Conferenza episcopale e a Confindustria: non mettetevi di traverso. Per due giorni di fila il cardinal Bagnasco ha picchiato piuttosto duro, con i suoi moniti al «retto vivere» e al bisogno di «aria pulita». La replica di Bossi è ruvida: «I vescovi dovrebbero dire qualche messa in più». Ma ce n’è pure per gli industriali, che farebbero troppa politica e poca impresa, come dimostrano le annunciate discese in campo di Luca di Montezemolo e di Emma Marcegaglia.
Insomma, non c’è più il vecchio paròn di un tempo. «Una volta - questa l’analisi di Bossi - c’erano gli imprenditori che inventavano il lavoro. Oggi no, sono invecchiati anche loro e quelli che inventano sono in Cina». Conclusione: «Devono svegliarsi, farsi avanti, perché non basta metterci i soldi, servono le idee. La Marcegaglia? Sì, anche lei». E si ritorna così al punto di partenza: «Se il progetto è quello di togliere i denari ai pensionati per darli agli industriali, non ci siamo. Non cambierebbe niente, si rovinerebbero solo i poveracci, Ma ci siamo noi, per fortuna».
Il Bossi-day finisce a Montecitorio, con il Senatur che si accomoda proprio accanto a Romano. Prima del voto commenta: «Saverio da parte nostra non rischia nulla, va giudicato come ministro.

Per il resto... un magistrato voleva assolverlo, poi lo hanno mandato a giudizio. Sono beghe tra giudici». E dopo il voto: «I primi a fare casino sono i magistrati. Prima dicono sì e poi non fanno andare avanti i processi».

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