Il senso di Gerda per la neve «Il bob? Basta che scivoli»

«Dopo i successi in slittino volevo chiudere Poi mi sono rimessa in gioco». Ed è quinta

Tony Damascelli

nostro inviato a Torino

Il bob è a due ma Gerda Weissensteiner da sola basta e avanza e non soltanto per quel cognome lungo come la pista di ghiaccio nella quale si è infilata a cento e fischia all’ora. Basta e avanza, senza togliere spazio a chi tiene in mano il freno, Jennifer Isacco, da Lecco. Basta per quella sua carriera piena di cose e di riconoscimenti, l’oro nello slittino a Lillehammer (’94), il titolo mondiale a Calgary nel (2002), altri piazzamenti d’argento, il passo regale da portabandiera italiana a Nagano: «Un momento indimenticabile durante un periodo in cui mi ero disamorata dell’ambiente».
A trentasette anni la Gerda ha tradito il primo amore, lo slittino appunto, ma non il senso della neve. Non c’entra Smilla, non ci sono passi e delitti da chiarire, ma Gerda punta su un veicolo più grande e grosso, moderno, il bob fabbricato per lei in Austria, con tante immaginette all’interno che ricordano le sue imprese. Dicono che abbia pianto di fronte a quel regalo in rosso, dicono che dentro quel proiettile troverà la spinta verso un altro podio. Non più da sola, contro tutti e nessuno, lei e il ghiaccio.
Zio Sigfrid è stato il primo ad avere intuito che la pupa aveva qualche numero in più. Ma zio Sigfrid non poteva certo immaginare di più. Quando spingeva la nipotina sullo slittino in legno, lungo le discese innevate a Collepietra, al massimo pensava di poter tirar fuori una promessa dello sport. La famiglia Weissensteiner ha sempre vissuto di cose normali e faticose, conquistate sudando nei campi, facendo i conti con una quotidianità a volte difficile.
Georg, il padre, ha un maso e da contadino ha portato a casa il giusto per la moglie Marianna e i figli, i magnifici 7 Weissensteiner: Renate, Brigitte, Maria Luisa, Gerda, Gregor, Rainer e Hubert. Nove parenti alla stessa tavola, otto tifosi attorno allo slittino di Gerda: «Ma nessuno di noi ha mai provato a salire su un bob, roba da matti, roba da Gerda» giura Hubert, di anni venticinque, il più giovane della comitiva Weissensteiner.
Volete far felice la Gerda? Marianna lo sa dagli anni dello slittino sulle discese di Collepietra: le prepara canederli e mette un po’ di carne vicina al fuoco del camino. La Gerda avrà la vitamina giusta, accettata dai regolamenti Wada, per venire giù velocissima, su slittino o bob. Cambiando l’ordine dei veicoli resta il piacere: «Perché mia sorella è forte nella testa, vuole avere molto dalla vita e lo ottiene. Ha frequentato le scuole medie, da dieci anni è entrata tra i forestali, ha lavorato anche in piscina, adesso vive da sola, a Collepietra, ma noi siamo con lei e lei sta con noi».
Gerda Weissensteiner sta giocando la sua sesta Olimpiade d’inverno. È un record già questo. Non fa progetti definitivi, nemmeno per il futuro prossimo. Potrebbe variare sullo skeleton... «Fin da quando, bambina, scendevo in slittino sulla neve, sognavo l’Olimpiade. Poi il sogno è diventato un impegno. A trentadue anni ho pensato di smettere. Ero troppo giovane per guardare le altre. Mi sono rimessa in gioco. Ora gioco con il bob». Il sogno, allora, non è finito.

E resiste anche dopo le prime due manche di ieri: Gerda è quinta, dietro le due Germanie, gli Usa e il Canada. È aumentata l’audience televisiva: i dati di Collepietra segnalano la brigata dei Weissensteiner in prima fila.

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