Un sereno sabato da anni di piombo

È finita con i manifestanti che inneggiavano alle veline televisive e alla star di «vallettopoli» Fabrizio Corona la lunga giornata del quartiere Salario-Trieste, blindato fin da ieri mattina per il corteo «antifascista» organizzato da un universo di sigle della sinistra antagonista - tra cui Arci, Anpi, Libera, Cobas, Arcigay, centri sociali oltre a Pdci, Prc e Verdi - dopo l’aggressione dello scorso 28 giugno a Villa Ada durante la rassegna musicale «Roma incontra il mondo». Ma la conclusione «leggera» e l’assenza di incidenti non cancellano i significati di un sabato ad alta tensione che ha fatto ripiombare una Roma semideserta in un anacronistico clima da «anni di piombo».
L’antipasto c’era stato in mattinata, quando in via di Pieve Faloscia alla Magliana, in occasione della biciclettata organizzata dal Circolo Magliana di An «Amici del Tevere» per protestare contro le baraccopoli, alcuni militanti erano stati «fronteggiati» da una ventina di giovani, schierati caschi in mano davanti al centro sociale «Macchia Rossa» e che pochi minuti prima avevano aggredito un cronista di Omniroma. Manifestazione annullata con il «federale» di An Gianni Alemanno a esprimere solidarietà al cronista e a denunciare «l’escalation di violenza politica a Roma». Il piatto forte arriva nel pomeriggio, Villa Ada ingresso-laghetto di via di Ponte Salario, lì dove la sera del 28 giugno un manipolo di persone armate di caschi e mazze aveva fatto irruzione al grido di «duce duce» durante il concerto della «Banda Bassotti» seminando il panico. Sono le 16.45 quando il corteo (di mille persone secondo la questura, tremila secondo gli organizzatori) si muove verso piazza Priscilla: in testa lo striscione della «rete antifascista» con la scritta «Roma città aperta, rifiuta i fascisti». Tra i volti noti il leader di Action Nunzio D’Erme e quello dei Cobas, Piero Bernocchi, l’assessore regionale al Bilancio del Prc, Luigi Nieri, il consigliere regionale dei Verdi, Giuseppe Mariani e la deputata di Rifondazione Elettra Deiana. Almeno dieci i mezzi di polizia e carabinieri, centinaia gli uomini impiegati. Da Piazza Priscilla il serpentone svolta a sinistra per piazza Novella, a duecento metri da piazza Vescovio, blindatissima ed eliminata dall’itinerario (su disposizione del questore capitolino Marcello Fulvi) in quanto luogo simbolo della destra romana con le sue vicine sedi di An, Azione giovani e Forza Nuova e il suo murales in ricordo dell’uccisione, nel 1979 di Francesco Cecchin, militante del Fronte della gioventù. E proprio davanti alla sede di Forza Nuova stazionano cento militanti. È il momento più caldo: le forze dell’ordine separano con un cordone le due piazze, alcuni giovani si staccano dal cordone e armati di bombolette spray tappezzano i muri di scritte. Altri scandiscono i cori «10-100-1000 Acca Larenzia», «Fascisti del quartiere uscite adesso».
Dopo attimi di tensione si torna alla normalità: a piazza Acilia non manca un pensiero per il sindaco Veltroni, accusato di «aver messo sullo stesso piano antifascisti e fascisti, di aver concesso loro le sedi in nome di un’assurda pacificazione».

Da lì alle altre tappe (piazza Sant’Emerenziana, viale Eritrea, ritorno a Villa Ada passando da piazza Crati) il cliché non cambia: Tanti «slogan contro», tanta vernice rossa per cancellare con i simboli dell’anarchia quelli «neri», un «10-100-1000 Nassirya» (subito sostituito con «occupazioni»). Alle 19, vicino al laghetto, il «rompete le righe», con gli inviti tramite altoparlanti a «non prendere gli autobus da soli per evitare gli assalti fascisti»... proprio come 30 anni fa, nei momenti più tristi.

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