A dar retta a La Repubblica di ieri, e al professor Salvatore Settis, il patrimonio culturale italiano sarebbe sullorlo della svendita a opera del solito, cattivissimo, governo di centrodestra. Prove? Quei grullacci del ministero dei Beni culturali avrebbero levato il vincolo, rendendolo esportabile allestero, da un preziosissimo comò, opera di Antoine-Robert Gaudreaus, noto ebanista di Luigi XV. Insomma, avrebbero decretato che se un bene culturale non è prodotto da un artista italiano, anche se si trova in Italia, è esportabile. Così, Settis dixit: «Si spalanca un abisso... Saranno esportabili i quadri di artisti portoghesi, fiamminghi, provenzali, catalani, presenti nelle nostre chiese, collezioni, musei?».
E alluomo della strada verrebbe proprio da urlare allennesimo ingiustificato vulnus al patrimonio nazionale. Peccato che a leggere il molto pacato parere della commissione tecnica del ministero si scopra che il famoso comò non avesse nulla a che fare con lItalia e la sua storia. Come spiega uno dei membri, il professor Carlo Bertelli, al Giornale: «Il comò è giunto in Italia dallEgitto solo nel 1962, e faceva parte del patrimonio privato della signora Jose Finney. La Sovrintendenza, valutando i beni ereditari della signora, lha vincolato, prudentemente. Ora però abbiamo una relazione del più grande esperto mondiale in materia, Alvar Gonzáles Palacios, che dimostra che loggetto nulla ha a che fare con lebanisteria italiana e con la nostra storia». E in effetti il parere di Gonzáles Palacios a leggerlo non lascia dubbi: «Questo mobile non ha non solo alcun rapporto con lo sviluppo dellebanisteria italiana, ma anche con la storia di questo Paese... È da escludere che possa far parte del patrimonio artistico italiano...».
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