LA SFIDA DELLE COMUNALI

«Ma in che città vivono?». Loro. Loro, quelli di sinistra, come li chiama almeno cinque volte dal palco Letizia Moratti. Che «propongono un centro per le culture del mondo, e non si sono neanche accorti che noi lo stiamo già realizzando, all’ex Ansaldo, lo inauguriamo a fine anno». O i sostegni al lavoro «che noi abbiamo distribuito negli anni». Ma loro, «non sanno guardare al futuro, il loro programma «è la copia di quello che abbiamo già fatto». La Moratti-politica scalda il Popolo della libertà arrivato in pullman da tutta la Lombardia, ma alcuni anche da Roma per ascoltare il comizio di Silvio Berlusconi che ieri ha chiuso la campagna elettorale per il bis a Palazzo Marino, nei 236 comuni della regione e nelle due province dove si torna al voto. Sugli spalti campeggiano cartelli anche da piccoli centri come Affori, Quarto Oggiaro e Gratosoglio. La Moratti arriva intorno alle 16 e un quarto accolta in piedi dalla platea che applaude anche più potentemente grazie ai battimani distribuiti come gadget all’esterno. Si siede in prima fila e ride quando un’altra donna, la candidata sindaco di Rho, si accalora e incita i pidiellini a una settimana «pancia a terra», a lavorare per far eleggere al primo turno Berlusconi capolista e il sindaco, perchè «è una vittoria politica». Si scatena sul palco sulle note di «Viva la mamma» di Edoardo Bennato, assaggio della festa con le famiglie oggi al parco delle Cave. Ma alza i toni quando attacca il comizio, con il premier appena arrivato in sala. Berlusconi che «ha il coraggio di mettersi in gioco» e correre il rischio di prendere meno delle 53mila preferenze di cinque anni fa quando pure era capolista, mentre «i leader di sinistra hanno avuto paura». Parte il match con il centrosinistra sul programma, «il nostro è concreto, credibile, diciamo esattamente quante strade vogliamo asfaltare, quanti centri anziani e quanti nidi apriremo». La sinistra? «Ha troppe anime, non può mettere insieme i radicali e i liberali cattolici, non sono capaci di guardare al futuro e proporre un programma credibile, e non potranno realizzare quello che promettono se non alzando le tasse e le tariffe. Noi non vogliamo mettere le mani nelle tasche dei cittadini, se cresce Milano cresce l’Italia». Loro hanno «proposte vetero-centraliste, vogliono mortificare il volontariato, noi lo esaltiamo». Distanti anni luce i valori della famiglia ma anche del lavoro, «noi pensiamo anche delle imprese, sono i datori che creano occupazione». E si scalda la platea sentendo due parole: clandestini, quelli che «loro vogliono liberi nella nostra città, noi difendiamo l’accoglienza nelle regole». E sicurezza, «non la garantiranno mai perché sostengono i centri sociali che sono i primi a dare problemi». Ma «vinceremo perché Milano è pragmatica, l’amore vincerà sull’odio e su chi attacca solo con accuse personali perché non ha un programma credibile da presentare».

Unico riferimento, senza citarli, ai casi Lassini e Clemente, i due candidati nelle liste del Pdl coinvolti in vicende giudiziarie. Ieri nessuno dei due era in sala. E smaschera con i numeri un’altra bugia: «Dicono che non giro nelle periferie? Al di là dei giri istituzionali e delle emergenze, solo nell’ultimo anno ci sono stata 298 volte».

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