Luciano Gulli
Allinizio fu la legge sui matrimoni gay, varata dal governo Zapatero sulla spinta furibonda della potente lobby omosessuale e scervellatamente avallata da quella Spagna voluttuosamente modernista che ha deciso di tagliare i ponti con il passato lanciandosi al galoppo verso mete cosiddette «socialmente avanzate». Le prime scintille con la Chiesa spagnola, e con il variegato movimento di ispirazione cattolica che si richiama ai valori della famiglia scoppiarono allora, in primavera, quando si profilò minacciosa la possibilità per gli omo e le lesbiche (possibilità divenuta legge dello Stato, strada facendo) di contrarre matrimonio e di adottare bambini.
Da quei giorni roventi, e da quelle manifestazioni antigovernative che convogliarono a Madrid oltre un milione di persone, è stato tutto un crescendo. Di polemiche, di sfide e di ricatti verso una Chiesa che vede pendere sul suo capo la minaccia di una vistosa decurtazione delle sovvenzioni governative, come ha sornionamente ricordato anche ieri il vicepremier de la Vega. Di mezzo cè stata la decisione dei socialisti di procedere verso una revisione delle procedure di divorzio, con leliminazione del vecchio obbligo di spiegare perché uno vuol divorziare (maltrattamenti, infedeltà etc). Col che (e forse non è del tutto sbagliato) si accorciano i tempi di una pratica che, come in Italia, anche in Spagna costa ai «separandi» parcelle salate in avvocati e tempi dattesa da sfinimento. Alle viste cè la depenalizzazione dellaborto, ora consentito solo in alcuni casi: donne vittime di stupro, accertata malformazione del feto o presenza conclamata di rischi per la salute della gestante. Altre scintille tra il governo e la Conferenza episcopale spagnola erano scoppiate allinizio dellanno sullinvito alluso del preservativo nella lotta allAids. Per leutanasia, pare di capire, cè tempo. Anche se è facile prevedere che proprio questo (sfrondamento di terapie per sciolinare il trapasso di malati che qualcuno giudicherà irrecuperabili, insieme con la possibilità di redigere un «testamento in vita» per i malati terminali); anche se è facile prevedere, si diceva, che proprio questo diventerà il prossimo cavallo di battaglia di «Bambi» Zapatero.
I vescovi spagnoli sono avvertiti. O decidono di rientrare nei ranghi, senza disturbare il manovratore, o i cordoni della borsa si stringeranno fatalmente. Parlando alla radio Cadena Ser, Maria Teresa Fernandez de la Vega, numero due del governo socialista, è stata esplicita. «La Chiesa non ha adempiuto al suo dovere di autofinanziamento», ha chiosato con un tono apparentemente svagato madame de la Vega. Dunque? «Dunque si sta arrivando a un punto in cui i contributi governativi non solo non potranno aumentare, ma dovranno diminuire».
La dichiarazione arriva allindomani della grande manifestazione contro la legge sulla scuola svoltasi sabato a Madrid con lappoggio appunto della Chiesa e del Partito Popolare. Sono parole, quelle della signora de la Vega, che solo i molto prudenti potrebbero definire sconcertanti, mentre anche i pavidi capiscono in cuor loro che trattasi di proposizioni francamente ricattatorie. Sconcertanti, se mai, lo sono perché contraddicono apertamente la linea seguita fin qui dallesecutivo di José Luis Rodriguez Zapatero, che fino allaltro ieri sosteneva non esservi alcuna intenzione di rivedere il programma di sovvenzioni alla Chiesa.
Secondo i vescovi e il mondo cattolico la legge sulla scuola viola il principio della libertà educativa e svilisce linsegnamento della religione. Zapatero, piegandosi sotto la spinta della piazza, ha promesso che convocherà i rappresentanti delle associazioni familiari e scolastiche. Anche se la sua vice ha già messo le mani avanti col dire che i manifestanti diffondono menzogne. «O manca linformazione o si usa leducazione come ariete contro il governo», ha aggiunto stizzita la vice premier de la Vega. Lei stessa, nel tentativo (andato a vuoto) di bypassare la Conferenza dei vescovi spagnoli, si era incontrata nei giorni scorsi in Vaticano con il segretario di Stato Angelo Sodano. E ora torna ad accusare i vescovi di cattiva volontà. «Se non si è riusciti a raggiungere un accordo ha tagliato corto la vice di Zapatero - è perché loro, i vescovi, non lo hanno voluto».
Per il ritiro della legge sono anche i Popolari di Mariano Rajoy, che ha offerto al governo di elaborare insieme un nuovo «patto educativo» che duri almeno una generazione.
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