Lo sfogo di Berlusconi: "Ci sono più ingrati in politica che in affari"

Berlusconi al mensile Usa The Atlantic: "Nella storia d’Italia nessun premier è stato più abile di me nel muovere le masse"

Lo sfogo di Berlusconi: "Ci sono più ingrati  in politica che in affari"

Pubblichiamo ampi stralci della lunghissima intervista che l'ex premier Silvio Berlusconi ha concesso al prestigioso mensile Usa The Atlantic, in uscita in questi giorni. Al giornalista Philip Delves Broughton il Cavaliere risponde a tutto campo, dalla famiglia alla crisi economica, alle sue dimissioni da Palazzo Chigi. Un Berlusconi comunque soddisfatto: «Sono felice con me stesso. Un terzo degli italiani mi ama alla follia. Se entro al ristorante si alzano, applaudono e – scherza – non pago mai il conto». Spazio naturalmente anche al suo futuro politico. Che sarà nel Pdl, a fianco del suo erede, Angelino Alfano: «Farò il padre nobile del partito».

Silvio Berlusconi oggi si trova ai margini, una figura di spicco della vita pubblica italiana, ma relegata nel corridoio, mentre un governo di tecnocrati non eletti cerca d salvare il paese dal disastro economico.
Tuttavia si tratta di un bel corridoio. C'è il grande appartamento di palazzo Grazioli a Roma dove l'ho incontrato a fine gennaio. C'è lo yacht e ci sono le magnifiche ville di Milano e della Sardegna, ma secondo le voci che circolano a Roma sarebbe depresso, una figura isolata, che misura i passi negli oscuri corridoi delle sue case, con il divieto di parlare con i propri amici per via delle numerose cause legali in cui è coinvolto, terrorizzato di sollevare la cornetta del telefono per la paura di essere intercettato, con le sole guardie del corpo a tenergli compagnia.

Tra il 2008 e il 2009 ha perso molte delle più importanti donne della sua vita, la madre e la sorella, che sono venute a mancare, e la moglie, Veronica Lario, che lo ha lasciato per via della sua "incontrollabile" passione per le giovani donne.
Ma quando si incontra Berlusconi dal vivo, ci si trova davanti una persona scaltra, divertente, un ospite premuroso, che nonostante tutti gli sforzi per camuffarsi sotto un trucco spesso e i capelli tinti di castano, non può nascondere i suoi 76 anni.

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Ma perché, 19 anni dopo l'essere entrato in politica, è ancora lì? Perché non tornare al calcio e agli show in topless, che offrono maggiori possibilità di fare soldi e comportano meno rischi personali? Evidentemente detesta i politici e i politicanti di professione, dopo tutto. «Ho incontrato più ingrati e opportunisti in politica che in qualunque precedente vita da imprenditore». Odia anche il confronto diretto, sia nel convogliare cattive notizie che nell'affrontare gli altri, due requisiti necessari per un leader politico.

«Il mio stile come manager e come leader politico si è sempre basato sulla persuasione e non sulla forza», dice. «Non so come dare ordini. So come convincere». Spiega: «Quando governi non puoi ricercare soltanto il profitto per la tua nazione, ma considerare gli interessi di tutti i cittadini e di tutte le categorie, interessi che sono spesso in contrasto. Fai felice qualcuno e ne avrai scontentato un altro». Potendo scegliere, Berlusconi avrebbe fatto tutti felici, o almeno così dice.

L'anno scorso, con l'economia italiana in crisi e il mercato dei bond che anticipava che il Paese sarebbe stato schiacciato dal debito pubblico, a schiacciare Berlusconi è stata la sua riluttanza ad ammettere il peggio. Le cose non sono andate poi così male, insiste. Sì, il debito pubblico italiano è alto, ma lo è anche il risparmio privato. Unisci le due cose, afferma, e improvvisamente l'Italia diventa la seconda economia più forte d'Europa dopo la Germania. «Lo stato italiano è indebitato, ma i cittadini, le famiglie e le aziende sono ricche», dice.

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Molti speravano che lui sarebbe stato la Margareth Thatcher italiana, che avrebbe sconfitto i sindacati, riformato le leggi del lavoro e modernizzato la rigida economia. Ma non l'ha mai fatto. L'anno scorso non è neanche riuscito a rimediare un serio piano di austerità, mentre sembrava come se l'intera economia italiana stesse capitolando, nonostante il suo partito avesse la maggioranza in entrambi i rami del parlamento. Così è stato nominato un governo di tecnocrati, guidati dal Primo Ministro Mario Monti, per fare quello che Berlusconi non è riuscito a fare. «La colpa è mia e degli italiani», dice. «E' colpa mia perché non sono stato capace di convincere il 51% degli italiani a votarmi. E' colpa degli italiani quella di aver diviso il voto, sparpagliandolo tra molti piccoli partiti». Il suo partito non ha mai avuto più del 38% dei voti, obbligandolo a stringere alleanze con altri partiti di centrodestra. «Siamo stati castrati da queste alleanze. Non ci hanno consentito, come invece avrei voluto, di introdurre in Parlamento le bozze dei disegni di legge».

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Ancora una volta, la sua frustrazione mi porta a chiedere, perché non rinunciare alla politica per tornare alle sue aziende? «Perché se lascio, sarà un trionfo per la sinistra». In ogni caso, dice, «il denaro non è così importante».

Egli rimarrà in politica, lavorando per cambiare la costituzione in modo da dare più potere al primo ministro. Ma giura che non sarà più lui a candidarsi alle elezioni da premier. Ha scelto Angelino Alfano, 41 anni avvocato siciliano, per guidare il suo partito, il Popolo della Libertà. «Resterò nel partito a sostenerlo. Ma io sarò il padre nobile. Il padre fondatore. Organizzerò il sostegno di cui ha bisogno».

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Antonio Martino, ex ministro degli Esteri e della Difesa detiene la seconda in assoluto tessera rilasciata dal movimento di Berlusconi Forza Italia. Martino è un siciliano, economista liberale, le cui idee una erano molto condivise da Berlusconi.

Quando si incontrarono nel 1993, la prima cosa che Berlusconi gli chiese era se gli piacesse o no il calcio. Martino esitò. «Per me, tutto il resto è business», ricorda Berlusconi. «Ma il Milan è la religione. Anche se la donna più bella del mondo mi chiedesse di vedermi durante una partita, le direi di aspettare».

Quando Martino chiese Berlusconi perché stava scendendo in politica, lui rispose: «Quando ero nel settore immobiliare, ho detto che avrei costruito una città satellite alle porte di Milano e mi risero in faccia.

Quando ho comprato la mia squadra di calcio e ho detto che avrebbe vinto il campionato, e mi risero in faccia. Quando ho creato Mediaset, Gianni Agnelli mi rise in faccia». Seguendo il ragionamento di Martino, Berlusconi è entrato in politica per poter dimostrare a quanti non credevano in lui che avrebbe guidato l’Italia.

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Come un uomo d'affari, Berlusconi ha sempre ispirato grande lealtà. «Le mie aziende non hanno mai avuto un'ora di sciopero contro di me», dice. «Ho usato tanti sabato mattina per andare a trovare i miei dipendenti, per stare loro vicino, per esempio coloro che erano in ospedale. Li conoscevo tutti per nome. In politica è stato più o meno lo stesso. Sono stato in grado di avere la simpatia, anche l'amore di un sacco di gente. Dovreste vedere quando vado ai raduni: le persone cercano di toccarmi, di starmi vicino anche fisicamente. Si dice che nella storia d'Italia, non c'è mai stato un politico in grado di muovere le folle, quanto ho fatto io».

Egli parla a braccio, senza discorsi scritti. Quando parlava alla forza vendita presso le sue emittenti televisive e le imprese di pubblicità, era solito dire che era di vitale importanza «portare il sole in tasca», perché l'ottimismo era attraente. «Sono felice con me stesso», dice. «Sono tenuto in grande considerazione dalle persone che mi amano. Un terzo del popolo italiano mi ama profondamente e me lo dimostra continuamente. Quando cammino si intasano le strade, se vado al ristorante la gente si alza in piedi e comincia a battere le mani e non pago mai il conto».

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Fino a pochi anni fa, i giornali italiani erano come quelli in Francia. Le vite private dei politici erano off limits. Pochi politici apparivano con le loro mogli in pubblico sia durante le campagne o una volta in carica. Secondo Berlusconi, tutto è cambiato. «Non potevano trovare un modo per attaccare me per la mia integrità e onestà», dice. «Così l'occasione è venuta a creare un caso: è stato il compleanno di una ragazza di 18 anni. Hanno inventato molte cose. Avevo promesso di essere lì per il suo compleanno. Poi, invece, hanno creato un caso straordinario. Da lì hanno cominciato a raccontare tante bugie».

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«Sono profondamente rammaricato da questo», dice. «Ma non devo chiedere perdono per nulla. Tutto quello che ho fatto è stato assolutamente normale, assolutamente legittimo. Durante le cene c’erano tanti ospiti e, certo, c'era la confortante presenza estetica di belle ragazze. C'erano orchestre, musica, un sacco di camerieri, un sacco di persone. Tutti volevano conoscermi».
Si sporge in avanti, mani sulle ginocchia. Vuole essere assolutamente chiaro su questo. «Ho una casa con un meraviglioso parco in Sardegna, con tutta una serie di musei, fiori e piante, e molti hanno desiderio di visitare questo luogo meraviglioso. Quando trascorro le mie vacanze in estate in Sardegna, ricevo richieste per 30 o 40 visite: parlamentari, uomini d'affari, gente di spettacolo. Così è stato estremamente agevole mettere insieme da 80 a 100 persone, organizzare una grande cena e mostrare loro tutto. Ho creato un museo del cactus, per esempio, un museo di hibiscus, palme, alberi di agrumi. È molto bello e molto piacevole. Dopo la visita c’era la cena e nel dopo cena c’era musiche e danze. Qualcosa di assolutamente normale. Una serata così dà l’opportunità di alleviare la pressione di 80 singoli incontri che avrebbero portato via tutto il mio tempo».

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È stato allora vittima di uno stereotipo degli uomini italiani? Sorride ampiamente. «Certo. Io non sono un playboy, sono un Play-man». Sorride divertito. «L'unica cosa della quale non sono stato accusato, in tutto questo vortice di montature fatte sul mio conto, è essere gay. Non ho nulla contro gli omosessuali, sia chiaro. Anzi. Ho sempre pensato che le persone più gay ci sono in giro, meno competizione c’è». «Sto scherzando», dice Berlusconi.

A quel punto chiedo: non ha mai paura che il suo modo di scherzare la mette inutilmente nei guai?. «No. So, però, che chi mi vuole criticare, cerca sempre di creare un malinteso, approfittando di questa mia disposizione caratteriale allo scherzo». Berlusconi non sente alcun bisogno di chiedere perdono del popolo italiano, perché «non c'è niente di cui perdonarmi. In Italia mi conoscono. Sanno che cosa mi piace, sanno che sono corretto... un bravo ragazzo. Sono rispettoso degli altri... Non credo che quanto sia stato riportato su alcuni giornali sia la verità».

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Un giornalista romano che ha «coperto» la vita politica di Berlusconi per la maggior parte del suo tempo mi ha detto è di gran lunga il politico più attento che abbia mai conosciuto. Se il giornalista fosse stato in piedi da solo fuori da una riunione fino al mattino, Berlusconi si sarebbe sempre fermato a parlare con lui. Ama vedere come le persone rispondono alla sua attenzione. Ama tirare la gente dai ranghi più bassi e portarla nel suo mondo. Ama vedere lo sguardo nei loro occhi, che brillano come fossero dei vincitori della lotteria. Egli gode il potere di essere in grado di fornire tanta gioia e di ricevere gratitudine.

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Con Berlusconi la politica italiana è squallida, ma senza di lui è triste, mi ha detto Antonio Martino. Con la morsa del piano di austerità (del governo Monti, ndt), dice Martino, gli italiani stanno avendo dei ripensamenti.

«Quando l'esercito americano arrivò a Roma alla fine della guerra, i soldati trovarono dei graffiti sui muri che chiedevano il ritorno di Mussolini. «Ridateci il fetente!». Così, credo, che ci sentiremo tra qualche mese.

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