Alla fine il Salumaio dei milanesi ce l'ha fatta. In barba alle invidie e alle polemiche, ha trovato nuova sede (e che sede!) nella casa-museo Bagatti Valsecchi di via Santo Spirito, a pochi passi da quella via Montenapoleone che lo aveva ospitato per 54 anni. Si conclude dunque a lieto fine l'odissea dello storico ristorante-gastronomia della Milano-bene, premiato nel 1980 con l’Ambrogino d’Oro e frequentato, a partire dagli anni ’60, dalle grandi star del jet set internazionale, da Maria Callas a Audrey Hepburn, da Mina a Eugenio Montale che pare impazzissero per i tortelli e il foi gras. Tra qualche giorno il celebre locale, sfrattato dalla via dello shopping lo scorso 15 ottobre dopo oltre mezzo secolo di attività, riapre in pompa magna a pochi metri di distanza, e in una cornice ancor più prestigiosa: Palazzo Bagatti Valsecchi. Ieri la “preview” per pochi eletti (prima dell’inaugurazione vera e propria, prevista entro fine mese con l’apertura del ristorante e del bistrò) in occasione dei cent’anni di un altro marchio storico milanese, i salumi Levoni.
«Era il 1957 quando mio padre Giuseppe aprì Il Salumaio in via Montenapoleone. E non senza qualche perplessità da parte dei vicini, più abituati alle griffe del lusso che alle salumerie», ricorda il titolare Giorgio Travaini, da trent’anni nell’azienda di famiglia, e oggi affiancato nella direzione dal figlio Federico, terza generazione di salumai. Dopo 54 anni – continua Travaini - i proprietari dell'immobile ci hanno rescisso il contratto senza possibilità di mediazione. Avremmo offerto qualsiasi cifra pur di restare: non c’è stato nulla da fare...». Ma la sconfitta non è nel Dna della famiglia Travaini, che si è rimboccata le maniche e in poco tempo ha trovato una «location» congrua al prestigio del locale: la casa-museo di una delle più antiche famiglie dell’aristocrazia meneghina. Meta ambita dei turisti per le pregiate collezioni d’arte, gli arredi lignei, i dipinti rinascimentali, le ceramiche e gli arazzi fiamminghi.
Quanto al Salumaio, al pian terreno, in cinquecento metri quadrati di spazi, saranno allestiti il ristorante aperto fino alle 23, un caffè-bistrot per colazioni e aperitivi e due cortili per il dehors estivo. Oltre alla cucina a vista con ampia vetrata dove si potrà anche cenare, al negozio nella sala affrescata del camino, e al privè nell’ex selleria. E quanto è venuto a costare il «giochetto»? «Di cifre non voglio parlare – replica Travaini -. Abbiamo un contratto di affitto per sei anni più sei con la società che ha ricevuto in appalto l’immobile di proprietà della Regione. Noi ci siamo impegnati a pagare l’affitto, la ristrutturazione e la manutenzione dei nostri locali, ma senza modifiche sostanziali agli interni e alle sale affrescate, vincolati alla Soprintendenza ai Beni Culturali».
Non entra in polemica con il re della nouvelle cuisine Gualtiero Marchesi, altro pretendente illustre della sede di via Santo Spirito, al quale tempo fa era stato negato lo spazio per motivi non ben precisati. «Ho grande stima di Marchesi – sottolinea Travaini -.
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