Sgarbi anti Santoro? Vittorio batte Michele 2-1 (come minimo)

Caro Granzotto, mi pare molto interessante l’autocandidatura di Vittorio Sgarbi ad anti-Santoro. In effetti la destra liberale non dispone di una trasmissione televisiva che faccia il paio con Annozero, Ballarò o L’infedele e mi sono sempre domandato il perché. Trovo però un po’ sgarbato il modo col quale Sgarbi ha eliminato dei possibili anti Santoro come Giuliano Ferrara (troppo grasso) e Maurizio Belpietro (troppo antipatico). Se cominciamo anche noi a usare questi argomenti critici alla Santoro, dove andremo a finire?
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Si metta d’accordo con se stesso, caro Ottolenghi. Le gusta o non le gusta un anti-Santoro? Se sì, come mi par sia chiaro, il prescelto deve esser pronto a santoreggiare, sennò non c’è gara. Il principio essendo che così come a brigante, brigante e mezzo, a Santoro, Santoro e mezzo. E Vittorio Sgarbi altro che mezzo, sarebbe un Santoro al doppio. Conoscendo il suo pollo, non sbaglia dunque nell’escludere dalla lizza Giuliano Ferrara e Maurizio Belpietro, assolutamente privi di «vis santoria» e dunque inadatti al ruolo. Ferrara è conduttore misurato, dal tocco lieve e spesso ironico (il tocco di Santoro è invece sarcastico, tutta un’altra faccenda). Tiene il palcoscenico, se così possiamo chiamarlo, con molto garbo e rispetto per gli ospiti i quali, probabilmente intimoriti dal clima civile che si respira nello studio, non s’abbandonano alla solita cagnara. Lasciano parlare, non interrompono, non danno continuamente sulla voce. Ferrara, insomma, è un conduttore che non prevarica, ma lascia che sia il telespettatore a trarre le conclusioni, a farsi un giudizio. Ovvio che ci mette lo zampino, ma senza la grossolana violenza di Santoro, il cui scopo è invece l’indottrinamento, l’ammasso dei cervelli. Con Maurizio Belpietro è ancora un’altra musica, è la rigorosa, scientifica direi, esposizione dei fatti nudi e crudi e, per l’altro verso, lo smantellamento sistematico delle favole, dei luoghi comuni e delle leggende metropolitane delle quali si alimenta la dialettica della sinistra. Belpietro è implacabile nell’impedire che la discussione esca dal seminato dei fatti certi, assodati, per sconfinare nella demagogia pressappochista e parolaia. Anche in questo caso, siamo all’opposto della santoraggine che alla fuffa propagandistica e ai fischi per fiaschi lascia, purché utili alla causa, grandissimo spazio. E se poi agli ospiti di Ferrara e di Belpietro è consentito contestare una affermazione sul filo del ragionamento compiuto, l’ospite di Santoro non ha altra scelta che urlare, pur essendo consapevole che il suo urlo non coprirà mai quello della parte amica del giaguaro e della vigilante claque.
Insomma, caro Ottolenghi: l’Inter di Mourinho non può giocarsela col Montepaschi Siena di Pianigiani. La rete è la rete e il canestro è il canestro. Sulla piazza, l’unico che può tener testa a Santoro sapendo ben maneggiare le armi del santorismo è lui, Vittorio Sgarbi. Se deve urlare, non ci pensa due volte; quando vuol essere suadente, poi, dà il meglio di sé, roba che Santoro se lo sogna. Col suo eloquio elegantemente funambolico tiene assai bene la scena, buca il video: lo ami o lo odi, ma ci resti comunque incollato. Al pari di Santoro, poi, non nasconde antipatie e simpatie: sa essere ferocemente fazioso e la faziosità è l’asso nella manica del santorismo. Non ci son santi: padronanza del vocabolario, cultura, impertinenza, riflessi prontissimi sia in attacco sia in difesa, dominio assoluto della notizia (Sgarbi è il più maniacale lettore di quotidiani: nulla gli sfugge, nulla dimentica) ne fanno l’anti-Santoro per eccellenza.

Un iradiddio di anti-Santoro (e poi non si tinge i capelli in biondo platiné, non ha tutto questo gran debole per le principessine, non s’infagotta nella divisa Armani e non bisticcia con le fricative. Vuol mettere, caro Ottolenghi?).

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