Sgarbi vs Santoro prima di tutto è questione di stile

Gentile Dott. Granzotto, mi permetto di scriverle per sottoporle alcune ulteriori riflessioni in merito alla polemica riguardante la figura di Vittorio Sgarbi come «l’ideale» anti-Santoro. Sicuramente Sgarbi è un ottimo affabulatore e dal suo eloquio, al di là delle colorite espressioni gergali, si evincono spesso concetti interessanti e di indubbio spessore. Il mio unico dubbio (e lo dico da sgarbiano convinto!) consiste nel come uno Sgarbi, così come lo conosciamo tutti, possa condurre una trasmissione televisiva senza correre il rischio di incentrarla troppo sulla propria persona. In questo, mi consenta Dott. Granzotto, Santoro lo batterebbe 10 a zero, bravo com’è a orchestrare trasmissioni «contro» limitandosi (si fa per dire) a guidare i missili Scud o i Tomahawk (leggi Travaglio o chi per esso) contro la vittima di turno. In questa battaglia Sgarbi sarebbe un ottimo generale ma senza (vuoi per troppo egocentrismo, vuoi per mancanza di truppe adeguate) un esercito alle sue spalle!
Trissino (Vicenza)

Guardi, caro Vigolo, che se c’è un egocentrico (e egoreferenziale, come usano dire gli intellettuali «sinceramente democratici») questi è proprio Michele Santoro. Non dico che Vittorio Sgarbi sia una mammoletta o che prediliga il basso profilo, ma egli sa stemperare il narcisismo con generosi dosi di quella autoironia che Santoro non sa nemmeno dove stia di casa. Sappia comunque che anche Massimiliano Lenzi (sue note autobiografiche: «Giornalista vivente (per ora), 35 anni, per sei redattore della trasmissione Otto e mezzo di Giuliano Ferrara. Collabora con Il Foglio, il settimanale Tempi, Il Secolo XIX e l’Unione Sarda. Ama le donne, Carmelo Bene e la Fiorentina, squadra e bistecca. In caduta liberal è arrivato quest’anno da Michele Santoro») è della sua stessa opinione. Intervenendo su Libero scrive che con la mia «tiritera» confondo «il personalismo del conduttore con la narrazione televisiva, necessaria a ogni infotainment (che tradotto sta per informazione-spettacolo) che si rispetti». Ergo, sostenendo che Sgarbi sarebbe l’unico anti-Santoro sulla piazza avrei scritto «una solenne bischerata». Perché Sgarbi, così sostiene il Lenzi Massimiliano, è adatto come ospite, ma giammai come conduttore. Per meglio dire, «Sgarbi, in tv, fa - con sapienza - da una vita la narrazione di se stesso. Un po’ poco per dar vita a un anti-Santoro». Per concludere (all’anima della tiritera, mio caro Lenzi), mi si invita a ricordare che la tv «non è un articolo di giornale (ma va? Ma davvero?) e neppure un semplice talk». Mi si invita a prender nota che «la tv non è questione di sgarbi (minuscolo), ma di narrazione» e lo diceva anche Jean Cocteau (Maisons-Laffitte, 5 luglio 1889 - Milly-la-Forêt, 11 ottobre 1963). Diceva, Cocteau: «Marlene Dietrich comincia con una carezza e finisce con un colpo di scudiscio».
Senza star a dire che la storia dello scudiscio risulta poco chiara, questo sfoggio di epistemologia catodica, questo erudito saggio sul noumeno televisivo, insomma, tutto questo pozzo di scienza c’entra, con la questione posta, come i cavoli con la merenda. Non di Michele Santoro reginetto dell’infotainment noi si discorreva. Ma di chi sarebbe in grado di replicare al suo giornalismo televisivo fazioso e aggressivo, borioso e provocatorio, mendace e vanaglorioso. Al suo pacchiano antiberlusconismo, per dirla papale papale. È lo «stile» umano, culturale, giornalistico di Santoro la ragione del contendere.

Stile che non è e non vuol essere quello di Maurizio Belpietro, non è e non vuol essere quello di Giuliano Ferrara, ma che Vittorio Sgarbi potrebbe far suo (ci metterebbe niente). Tutto il resto, Jean Cocteau compreso, è solo bischerrima tiritera.

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