Lo sgarbo di Obama a Hillary: meno soldi per i monumenti

CRISI Tagli al programma «Salva i tesori americani» voluto dal segretario di Stato quando era First Lady

Zac. Taglio netto. Senza guardare in faccia nessuno. Il governo americano ha deciso di revocare i sussidi pubblici al programma «Save America’s Treasures», ovvero «Salva i tesori americani»: un programma che si propone di salvaguardare monumenti e siti di valore storico. Cose che capitano quando il debito pubblico sale vertiginosamente fino a sfondare il tetto del 100% del Pil e, in fondo, banali, se non fosse per un dettaglio, che sta ingolosendo oggi la stampa statunitense.
Già, perché a essere eliminato è il programma da sempre più caro a Hillary. Fu lei a volerlo, quando era First Lady a metà degli anni Novanta, e da allora non lo ha più abbandonato. Andò persino dalla repubblicana Laura Bush, moglie di George, convincendola a proseguire l’opera. Poi, diventata senatrice e candidata alle presidenziali non ha smesso di occuparsene.
Passione civica, autentica, e anche un po’ romantica. La donna nota per essere molto intelligente, ma dipinta dai più come arrampicatrice, fredda, scostante, straordinariamente cinica, mostrava, finalmente, il suo lato debole o, forse, semplicemente, umano, persino romantico. Che c’è di più nobile e disinteressato dell’impegno per preservare e restaurare il cottage estivo del presidente Lincoln o il bus sul quale Rosa Park, attivista afroamericana, negli anni Cinquanta si rifiutò di cedere il posto a un bianco, dando così inizio a uno straordinario movimento di protesta contro le discriminazioni razziali?
Hillary Clinton era convinta che questo impegno, peraltro finanziariamente di dimensioni contenute (è costato 294 milioni di dollari in dieci anni), potesse essere prolungato in eterno. O quasi. Che cosa sono per il governo degli Stati Uniti d’America 29 milioni di dollari all’anno?
E invece è accaduto l’inimmaginabile. E per mano del presidente che la Clinton serve con lealtà e profitto: Barack Obama. La vicenda è solo agli inizi e nessuno conosce i retroscena. Non si sa, ad esempio, se sia stato proprio il presidente a voler quella riduzione o se sia finita semplicemente nel calderone delle misure di risparmio. E non si sa nemmeno se Hillary sia stata avvertita.
Ma l’antica, a tratti aspra, rivalità tra i due per la conquista della nomination democratica, ha alimentato i sospetti, soprattutto sul web. C’è chi insinua sia stato uno sgarbo della Casa Bianca, chi pensa si tratti di ripicche legate alle dinamiche interne all’Amministrazione e chi, semplicemente, non ritiene normale che un programma dall’alto valore simbolico possa essere eliminato con tanta disinvoltura.
Quel che è certo è che entrambi i protagonisti tacciono. E il loro silenzio alimenta le congetture o, forse, solo la speranza da parte della stampa scandalistica di una nuova rivalità tra Hillary e Barack. Ammesso che sia davvero tale. I più saggi osservano che entrambi in questo momento sono impegnati a seguire dossier ben più importanti, vedi le elezioni in Irak e la riforma della Sanità. Ma in un’epoca in cui la politica è anche intrattenimento e deborda nel gossip, eventi marginali come questi finiscono per ottenere più visibilità di quanto meriterebbero. È significativo che la notizia dell’eliminazione dei finanziamenti al programma «Salva i tesori americani» sia rimasta sulla prima pagina del sito Huffington Post per oltre 24 ore. Evidentemente piace. E di certo piace più di altre notizie più significative.
Ad esempio, quella secondo cui i piccoli imprenditori ispanici e neri ricevono molti meno aiuti federali rispetto ai loro colleghi bianchi. Possiedono rispettivamente il 6,8 e il 5,2% delle società registrate negli Stati Uniti, ma hanno ricevuto solo il 7% e l’1,1% dei 46 miliardi stanziati dal governo per stimolare.

Una sproporzione che gli economisti spiegano con l’entità spesso minuscola dei business gestiti da ispanici e neri, ma che fotografa la realtà economica in America, dove le disparità di censo e di istruzione restano alte. Nonostante il Paese sia guidato dal primo presidente afroamericano.

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