Paola Setti
da Genova
Un delitto occasionale, lo chiamano. Una donna uccisa per strada, sgozzata con una bottiglia rotta, lasciata in un vicolo di Genova tra cassonetti della spazzatura e impalcature di un cantiere eterno. Alle tre di notte, poco prima, ma pur sempre per strada. Senza un perché, finora. Luciana Biggi è stata uccisa per rapina, forse. Perché non aveva più la sua insperabile borsa. O per non aver ceduto a un tentativo di stupro. Perché i due ragazzi che lhanno trovata agonizzante ricordano perfettamente che aveva i jeans slacciati e appena calati. I primi poliziotti giunti sul posto hanno notato anche la felpa alzata sulla pancia, il reggiseno spostato e le ferite alle braccia e alle mani di una donna che evidentemente ha tentato di difendersi in ogni modo.
Un omicidio occasionale, perché probabilmente occasionale è lassassino, o gli assassini che hanno agito distinto, trovando magari larma del delitto in un vicino cassonetto per la raccolta differenziata del vetro. Chi ha ucciso Luciana Biggi, ha sorpreso una donna che era abituata a girare sola di notte, che aveva talvolta anche qualche relazione con uomini conosciuti nei locali, senza preclusioni per gli extracomunitari. Chi ha sgozzato la trentaseienne è poi riuscito a fuggire senza farsi riprendere da una telecamera per il controllo della strada piazzata proprio sul luogo dellomicidio. Ora le indagini della polizia si concentrano su ogni possibile angolo di vico San Bernardo, nella speranza che lassassino abbia lasciato qualche traccia. Magari che le gocce di sangue trovate lontane dal cadavere non appartengano alla vittima ma a chi è stato ferito durante la lotta. O che le impronte lasciate su una cabina telefonica dove è recentemente avvenuta una rissa corrispondano a quelle rilevate sul luogo del delitto.
La difficoltà maggiore per gli uomini della squadra mobile sta proprio nel ricostruire gli ultimi spostamenti della vittima. Che mancava da casa dal 26 aprile. Che lo scorso anno aveva perso un fratello proprio per overdose, che - dicono - ogni tanto frequentava compagnie in cui circolava la droga. Anche se la sorella Bruna la difende: «Era una ragazza molto salutista, faceva fitness, non beveva e non si drogava. Era solo troppo fiduciosa nel prossimo». Luciana non aveva un lavoro fisso, ma si arrangiava con contratti part time e a tempo determinato come centralinista o come appunto istruttrice di fitness. Una donna che viveva nel mondo misterioso del centro storico genovese, che di notte si popola anche di personaggi sconosciuti anche alle banche dati della questura. E proprio di questa situazione non ne possono più residenti e commercianti, che per oggi hanno convocato un incontro pubblico, che chiedono un confronto serio con il Comune e le forze dellordine, che minacciano anche le ronde, per ripulire la zona.
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