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Sgozzata e seppellita in giardino Caccia ai genitori pachistani

La ragazza aveva una relazione con un bresciano che ne ha denunciato la scomparsa

nostro inviato a Sarezzo (Bs)
Ci sono le nuvole basse, gonfie di pioggia quando tirano fuori il corpo di Hina Saleem, pakistana, 20 anni. Un cielo livido come quel manichino in carne e ossa, con le braccia che penzolano nel vuoto, che i carabinieri di Villa Carcina si affrettano ad affidare al medico legale.
«Un mattatoio, un mattatoio», sibila il colonnello Valentini, comandante del nucleo operativo provinciale di Brescia. Uccisa. Anzi, è più appropriato, massacrata con decine di colpi di coltello o con un’arma tagliente e affilatissima. Uccisa e sepolta nel giardino di casa, qui al civico 133, appena fuori Sarezzo, sulla provinciale che conduce a Gardone Val Trompia. Abitava con i genitori e un sacco di fratelli, Hina. Gran bella ragazza. Le piaceva un sacco vestire e vivere alla moda, alla moda rigorosamente occidentale.
Scarpe da ginnastica, t-shirt e jeans. L’hanno trovata così benvestita e truccata, Hina, anche ieri, nel tardo pomeriggio, quando, dopo pochi colpi di pala, c’era lei, coperta da un metro scarso di terra. Qualcuno, secondo la più consolidata tradizione delle sepolture orientali l’aveva avvolta in un lenzuolo bianco. Non riesce difficile immaginare che sia stato lo stesso qualcuno che, meno pietosamente, l’ha colpita più e più volte con rabbia e ferocia inaudita, arrivando a tagliarle quasi la gola. Viveva con i genitori e tanti fratelli, Hina. Ma c’è un piccolo particolare: ieri i carabinieri non hanno trovato in casa nessuno. Spariti, dissolti nel nulla. Nell’abitazione tutto in ordine, tutto più o meno lindo, nessun segno di lite, tantomeno di colluttazione.
Una intera famiglia, e per giunta numerosa, che ha fatto perdere rapidamente le proprie tracce. I vicini della porta accanto, immigrati anche loro, ma dall’Africa, con carte e documenti in regola come i Saleem, non si sono accorti di precipitose partenze ma in compenso hanno visto qualcuno, un’ombra, scavare avant’ieri sera in giardino. Innamoratissima del suo fidanzato bresciano, trent’anni, stessa voglia di fare progetti, Hina chissà, forse era uscita dal binario di una rigida ortodossia familiare che non gradiva, qualcuno delle case che si affacciano sulla provinciale lo sussurra ad alta voce, la frequentazione di un ragazzo italiano e un avvenire solo e comunque «occidentale». Quelle voci raccontano di liti e discussioni su abitudini troppo occidentali e su una relazione sentimentale spontanea che cozzava con un matrimonio «combinato» dai genitori per il futuro di Hina. Ipotesi, sospetti, pettegolezzi magari anche, di un paesotto dove la gente sta bene, si è arricchita e si arricchisce con la fabbricazione delle armi, la lavorazione del ferro, l’utensileria domestica. Persino gli immigrati stanno bene. Ipotesi, sospetti.
Tutto si è messo in moto quando due giorni fa il fidanzato di Hina preoccupato perché da 24 ore non riusciva ad avere sue notizie, ha presentato denuncia ai carabinieri di Villa Carcina. Gli uomini del maresciallo Mele si sono mossi subito. Ultimo domicilio conosciuto quello di casa, visto che Hina era una ragazza bellissima ma con la testa a posto, questo di Ponte Zanano, frazioncina di Sarezzo. Cosa è accaduto in queste ultime 48 ore? Se lo domanda un ragazzo in lacrime che si dispera e sviene quando intuisce che tutto è finito prima ancora di cominciare.

E che laggiù al di là della recinzione dove era solito aspettare la sua Hina, c’è soltanto un corpo martoriato e senza vita.

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