Uno sguardo nel tempo

Fu Ivano Fossati, ormai molti anni fa, uno dei primi in Italia ad annunciare la morte del rock, paragonando il suo cadavere a quello del Cid Campeador legato al suo cavallo e mandato in battaglia. Un Fossati che ha sempre dimostrato di saper guardare lontano, oltre gli steccati stilistici nei suoi viaggi musicali nel tempo, nei sentimenti, nella memoria, nei ricordi: insomma nella vita.
Fossati è un artista popolare sia perché trae linfa vitale dalla tradizione, sia perché piace al pubblico, e non a caso «Musica moderna», il suo album appena uscito, s’è fiondato al primo posto nella classifica. Così lo schivo e inquieto artista genovese è partito per un’anteprima di nove concerti della sua nuova tournée - che si svilupperà a partire da gennaio - e domani terrà concerto nella prestigiosa sala Verdi del Conservatorio. Per la prima volta esegue i nuovi brani (a tre anni dal precedente album) che parlano soprattutto di sentimenti e d’amore. Sempre alla sua maniera naturalmente, ché Fossati è artista in grado di dipanare qualunque tema da un’angolazione particolare, con anomali intrecci di linee e di colori, con semplicità e al tempo stesso invenzioni incantatorie. Insomma, anche l’amore con Fossati diventa una cosa «alta». «Non faccio mai progetti quando scrivo un disco; le canzoni mi sono uscite così. La particolarità di questo album è quella che contiene vere canzoni d’amore, che però guardano anche oltre, prendono in considerazione anche altri punti di vista». Come Last Minute, dove un uomo d’affari sogna la sua casa e la sua donna mentre è continuamente in giro per alberghi e aeroporti. O ancora L’amore trasparente dalla colonna sonora del celebrato film «Caos calmo». Quindi al Conservatorio ci attende un Fossati più sereno, rilassato, ma anche pronto alla zampata di La guerra dell’acqua, che parla dei problemi idrici che affliggono la Terra.
Con un repertorio sterminato, Fossati si presenta al Conservatorio con l’«allure» del maestro laureato in canzoni d’autore per cui «musica e testo si completano a vicenda. Io però scrivo prima i testi, magari non definitivi. La musica è più elastica, duttile e permette di coprire le asperità delle parole. Fare il contrario sarebbe un esercizio di autoflagellazione, anche se spesso dà risultati meravigliosi». E nella sua musica infatti si sposano sogno e viaggio, passione e fantasia, come ci s’aspetta da un artista cresciuto e formatosi con Bach e i Beatles, Arturo Benedetti Michelangeli e Duke Ellington, Randy Newman e Jacques Brel e con amori letterari che si allargano da Saramago a Leopardi a Fernando Pessoa. Non dimentichiamo che Fossati è sempre stato coraggioso nelle sue scelte artistiche, debuttando al Festival di Sanremo, capelli lunghi, barba incolta e vestito hippie, guidando i Delirium con il suo flauto magico nella folkeggiante Jezahel, canzone anticipatrice di tante mode etniche.

Tempi andati, pagine gloriose di un quaderno che Fossati continua a riempire di grande musica e buone vibrazioni, mostrando in concerto le sue mille sfaccettature che nella ballata incrociano pop, jazz, musica colta, atonalità all’insegna della genuinità e della schiettezza. «Perché la mia grande paura è quella di essere manipolato, magari vedendosi cambiare una parola o un aggettivo».

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