Lo show di Berlusconi, un ciclone in tribunale

Nelle pause del dibattimento il premier scherza con la cancelliera ("Allora cancelli tutto") e con De Pasquale: "Lei è il cattivo", ma poi gli stringe la mano. Sulla vicenda Mediatrade: "Come si fa a fare una causa sul prezzo dei film?"

Lo show di Berlusconi,  
un ciclone in tribunale

Milano - «Lei è la cancelliera?». Pausa ad effetto. In aula, in piedi, Silvio Berlusconi. Davanti a lui la collaboratrice del giudice preliminare Maria Vicidomini, chiamata a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio del premier. «Sì, sono la cancelliera». «Brava. Allora cancelli tutto!». E tutti giù a ridere.

Comincia così, alle 10 di ieri mattina, la riapparizione di Berlusconi nel palazzo di giustizia di Milano, a otto anni di distanza dall’ultima volta. Per dimostrare con i fatti la sua decisone di affrontare i processi, il capo del governo ha scelto l’aula del più tecnicamente complesso dei quattro procedimenti in corso, quello per la vicenda Mediatrade.

Come anche nel processo dei diritti tv, Berlusconi - nella sua veste di «azionista di riferimento» di Mediaset - è accusato di avere gonfiato i costi messi a bilancio per l’acquisto dei film da trasmettere sulle reti del Biscione. Vicenda intricata, ricostruita sulla base di rogatorie e perizie contabili. L’udienza di ieri si sapeva fin dapprima che si sarebbe consumata tutta in questioni procedurali. Ma il premier l’ha scelta ugualmente per inaugurare la sua «strategia della presenza». E ha trasformato la sua comparsa in aula in una esternazione a tutto campo: dal «Lei è il cattivo!», detto col sorriso sulle labbra al pm Fabio De Pasquale (che non la prende benissimo, e a momenti non si accorge che il presidente del Consiglio gli sta tendendo la mano), alle battute sul calcio (Vittorio Virga, difensore di Confalonieri: «Presidente, compri Pastore», e Berlusconi, di rimando: «Sì, quando avrò un gregge prenderò anche il pastore»), ma soprattutto considerazioni - distese quanto combattive - sull’inchiesta di cui si parla ieri e sull’eterno scontro tra politica e giudici. Con il Cavaliere che ribadisce in aula la sua intenzione di mettere mano alla legge sulle intercettazioni e la sua insofferenza verso il potere di veto della Corte costituzionale.

A dare involontariamente spazio alla loquacità del premier è un signore di nome Bava che ha chiesto di costituirsi parte civile possedendo una sola azione Mediaset. Il giudice Vicidomini respinge la richiesta, ma per esaminarla e stendere il provvedimento deve restare fuori dall’aula per quasi un’ora. Ed è in questa lunga pausa che Berlusconi, apparentemente rilassato e di buon umore, si impadronisce della scena. Il pm De Pasquale e il suo collega Sergio Spadaro, dopo il freddo impatto in inizio di udienza, preferiscono restare in corridoio. Così Berlusconi - unico degli imputati presente in aula - si ritrova circondato dalla piccola folla degli avvocati. Clima da salotto, in qualche modo. Ma con il premier ben deciso a fare valere le sue ragioni.

Si comincia con la faccenda Mediatrade. «Ma vi pare - dice Berlusconi - che si possa fare un processo intorno al prezzo dei film da trasmettere in televisione? I film non hanno un prezzo prestabilito, il loro valore televisivo dipende da quanta gente li guarda, da quanti spot ci si possono infilare, dal prezzo cui si possono vendere. Come si fa a dire che li abbiamo pagati troppo o troppo poco?». E di Frank Agrama, l’ex regista italo-americano che la Procura etichetta come suo «socio occulto», «Agrama per quanto ne so ha cercato di fare soprattutto i propri interessi, e mi risulta infatti che gli abbiano trovato una bella sommetta in Svizzera».

Ma il piatto forte è per la polemica con i giudici e con i loro metodi. A partire dalle intercettazioni, che nel processo Mediatrade non hanno avuto alcun ruolo, ma che costituiscono l’asse portante del processo per il caso Ruby, fissato per il 6 aprile: «Un sistema che non va, assolutamente, non se ne può più - dice Berlusconi, seduto sulla panca dell’aula numero 9 - e per questo abbiamo deciso di intervenire al più presto con una legge». E subito dopo il Cavaliere se la prende con quelli che neutralizzano le leggi approvate dalla sua maggioranza, ovvero i magistrati: «Siamo di fronte ad uno strapotere della magistratura che si appoggia sulla Corte costituzionale. Non si può più assistere a questa storia delle leggi che vengono cancellate una dopo l’altra, perché questo vanifica la sovranità del Parlamento. D’altronde fino a quando noi potremo nominare solo quattro giudici costituzionali è chiaro che andranno avanti così, annullando le leggi che non stanno bene alla magistratura».

E tutto questo, raccontano, con il sorriso sulle labbra.

Ma con la consapevolezza che portare questi argomenti in un’aula di giustizia ha un peso e un significato diverso che esporli nell’aula di Montecitorio o davanti alle telecamere. L’udienza viene rinviata al 4 aprile, per dare la parola al pubblico ministero. Anche lunedì prossimo, salvo sconquassi, Berlusconi ci sarà. La battaglia di primavera del premier-imputato è appena cominciata.

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