da Milano
Indeciso, ricattabile, poco onesto, vergognoso, tremebondo. E chi più ne ha, più ne metta. È un Prodi da operetta quello che presto irromperà sui palcoscenici di tutta Italia in un lavoro che non ha ancora un titolo né una trama precisa. Ma che certo non passerà inosservato. Lautore è infatti il più insospettabile degli insospettabili: un premio Nobel, uomo di sinistra a quaranta carati, marito di una senatrice eletta per lIdv di Di Pietro. Insomma Dario Fo. Che in unintervista al settimanale Left oggi in edicola sfoga tutta la sua rabbia di elettore deluso e combattente tradito.
Il suo giudizio nei confronti del governo Prodi è impietoso: «Che cosa mi ha deluso? Tutto, perché non cè un atteggiamento deciso. Tutti gli impegni presi con gli elettori pian piano vengono disattesi. Sembra di vedere le Metamorfosi di Ovidio. Pian piano le cose si trasformano e diventano come prima o peggio. Mostruose». Qualche esempio? Il Dario furioso non si tira indietro: «Basta pensare allindulto che invece di mandare a casa solo quelli che dovevano scontare un anno è stato scritto assieme a Pecorella per liberare Previti e quelli con pene pesanti. O il conflitto dinteressi. Tutti aspettavano una legge che non è mai arrivata. Poi ci sono gli sprechi, la disattenzione per i soldi dei cittadini».
In cima alla lista nera cè naturalmente il premier. «Purtroppo - attacca lo scrittore-attore-regista - non basta che uno sia una brava persona. Cè un detto milanese che dice Anche il mio cervellaio è una brava persona, ma non per questo lo metti a guidare il governo. Bisogna avere la capacità, il coraggio, la decisione, limpegno... Certo Prodi deve mediare tra tante forze politiche ma non lo giustifico».
Una bocciatura su tutta la linea, quindi, compresi i fatti più recenti come lipotesi di allargare la base Usa a Vicenza. «Una cosa incredibile - sbotta Fo -. La nostra è una servitù morale oltre che militare. E Prodi ha detto sì perché non ha forza, è ricattato. Ha avuto un attimo di coraggio dicendo certe cose sullIrak, poi Bush non lo ha invitato a Washington...».
La conclusione del mattatore di sinistra è sconsolante: «Quello che amareggia è che non vedi il cambiamento, la volontà di mettere le cose a posto. Non vedi lonestà. Viene da chiedersi per chi abbiamo votato.
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