Roma

Si costituisce: «Incarceratemi così vedo la tv»

Daniele Petraroli

Non poteva perdersi l’ennesima replica dell’ispettore Derrick su Rai Uno e nemmeno Casa Vianello su Canale 5. Per non parlare, poi, dei telefilm per ragazzi del pomeriggio di Rai Due o delle «soap opera» di Mediaset. All’ennesima lite con la sorella che quel televisore, accesso ininterrottamente per delle ore, avrebbe voluto spegnerlo, un pregiudicato di 35 anni, S. B. ha detto basta.
Non era più possibile quella convivenza forzata. Tutti i santi pomeriggi a litigare per riuscire a tenere acceso il televisore che lei voleva spegnere proprio durante i suoi programmi preferiti. «Se questi sono gli arresti domiciliari allora meglio, molto meglio, il carcere», deve aver pensato e così ha fatto. È «scappato», per modo di dire, dall’appartamento in cui scontava da qualche mese una pena ai domiciliari per spaccio di stupefacenti, e si è consegnato ai carabinieri della stazione Prenestina il giorno di Ferragosto. «Vi prego, è una tortura vivere senza televisione. Riportatemi in carcere», ha detto agli increduli militari porgendo i polsi. In fondo il suo unico divertimento consisteva nel godersi i programmi spaparanzato sul divano mentre sua sorella brontolava e sbuffava perché non sopportava più quel televisore accesa giorno e notte.
E siamo all’insolito happy end. Nuovo arresto per la fuga dai domiciliari e nuovamente dietro le sbarre. Dove, però, potrà godersi in santa pace tutte le sue trasmissioni preferite tra cui, chissà, potrebbe esserci anche il giudice Santi Licheri di «Forum». La teledipendenza, questa volta, ha vinto sul desiderio di libertà. Anzi, forse la vera libertà, per lui, si trovava in quel rettangolo pieno di immagini e suoni.

Con buona pace di Popper e del suo «Cattiva maestra televisione».

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