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Sci: Sofia Goggia trionfa nel supergigante di Beaver Creek
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Si ricomincia Sperando non vinca il migliore... Perché si sa già chi è

di Tony Damascelli
Che cosa vi manca di più? Il frastuono delle vuvuzelas o le conferenze stampa di Mourinho? Di che cosa sentite di nuovo il bisogno? Delle litanie del Jesse James di Viareggio o della simpatia di Balotelli Mario? Non ci sono, assenti, partiti. Stiamo calmi, incomincia un’altra storia, ricomincia il campionato di calcio, divisione nazionale serie A, spalmato, diviso, spezzettato ma sempre di pallone trattasi, pallone normale anche se la propaganda ci sta massacrando con l’alta definizione come se bastasse l’immagine per cambiare la sostanza. Il calcio italiano non necessita di photoshop, è la testa che deve cambiare, non la faccia. Comunque tra tessere del tifoso, vedove di Mourinho, ritorni di fiamma (Adriano, Ibrahimovic, Aquilani), si va alla ricerca della novità, fermo restando che i campioni d’Italia e d’Europa sono i più forti della comitiva e la concorrenza spera, aspira, sogna, progetta ma, per ora, le chiacchiere stanno a zero. E’ cambiato anche il designatore degli arbitri il cui proclama è uguale a quello dei predecessori ma viene spacciato come svolta epocale, basta con la violenza, come a dire che fino al maggio scorso la violenza era accettata o tollerata dagli stessi arbitri.
A pensarci bene, dopo le torte in faccia prese in Sudafrica e i comizi che promettevano la meglio gioventù, a pensarci bene, dicevo, si riparte con Del Piero, Totti, Pirlo (cento anni in tre, auguri!), uno degli uomini che ha fatto scrivere e parlare nelle ultime ore di mercato è stato il trentaduenne Di Natale, per non dire di Toni, Lucarelli o Trezeguet, dunque in modo gattopardesco «se vogliamo che tutto rimanga come è bisogna che tutto cambi». In mancanza del polpo Paul che sta facendo affari da squalo, a diecimila sterline a pronostico, dobbiamo fidarci dei maghi di casa nostra, delle prime amichevoli, dei primi turni di coppe, insomma di quello che suggerisce il campo. Dunque l’Inter è come prima, più di prima con una sola differenza che non sta nella partenza di Balotelli: saprà l’ambiente resistere alla pressione adesso che non ha più l’anticoncezionale portoghese? Rafa Benitez è uomo di campo, è colto, intelligente, nel suo curriculum ci sono alcune cose che lo legano al passato e al presente milanese: ha eliminato per due volte Mourinho dalla champions e ha soprattutto battuto nella finale storica il Milan. Eppure sembra il supplente, quello di passaggio, tanto prima o poi ci sarà bisogno della parola del vate. Come a Torino dove hanno riproposto un Agnelli di cognome alla guida della società ma a differenza del confetto lassativo che fu, qui non basta la parola, contano i fatti, il padrone resta John Elkann e Blanc si muove con lui (Cobolli Gigli ha svelato alcuni retroscena grotteschi sulla coppia), la Juventus si è mossa parecchio ma in modo confuso, ha speso, molto, direi troppo; provate a dire, oggi, quale sia stato, nella dozzina di acquisti, il suo vero colpo di mercato. Aquilani? Krasic? Bonucci? Martinez? Motta? Quagliarella? Bah. O piuttosto fanno storia i no di Di Natale e Burdisso, roba mai vista alla Juve?
Il Milan ha cercato e inseguito un solo obiettivo importante, da mettere in cima all’albero di Allegri pieno di pupazzi e addobbi vari, una punta, un attaccante di razza, Ibrahimovic dunque che nella passata stagione catalana ha realizzato 22, in lettere ventidue, gol in 46 partite, non tutte da titolare (Eto’o 18 in 49, nell’Inter, un fenomeno…), ma per qualcuno è stato un fallimento! Lo svedese, con il duo brasiliano Ronaldinho-Pato, può portare la squadra al titolo. Intriga moltissimo il Palermo che dispone del migliore play maker del campionato, l’argentino Pastore, trascurato per ignoranza dai nostri grandi club e che, prevedo, verrà ceduto, nel giro di uno o due campionati, a cinquanta milioni di euro, un altro colpo di Zamparini, senza trascurare Hernandez e Miccoli e il lavoro onesto di Delio Rossi. Piace anche la Lazio del brasiliano Hernanez; se non avesse Lotito come presidente, la squadra di Reja godrebbe di grande stampa e considerazione eccelsa; rischia la Roma che attende un nuovo padrone ma che è comunque nei piedi esclusivi del suo campione, Totti, c’è Menez, un talento che non deve più promettere, mette pruriti il Genoa che Preziosi ha allestito con gente tosta, restano i dubbi sulla Sampdoria fatta fuori, al pronti via, dalla Champions, la Fiorentina è un punto interrogativo, senza Jovetic a lungo, con Mutu alle prese con se stesso e Mihajlovic che non può far rimpiangere Prandelli. Le altre in fila, allineate e coperte.

Oggi si gioca, con o senza gli ultras per i quali andrebbe creata la tessera dell’idiota, da esibire davanti allo specchio. Si incomincia, dunque, sperando che non vinca il migliore, altrimenti so già come andrebbe a finire.

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