Abbiamo vissuto le feste di Natale inchiodati davanti alla tv ad ammirare la Premier league, a seguire il ritorno sulla panchina del City di Roberto Mancini e a dividerci sulle cattive abitudini del calcio italiano pronto a scappare in vacanza specie dinanzi a una banale nevicata. Quella che i nostri "beneamati" considerano una conquista, dalle parti di Londra ha il senso stretto di un servizio dato ai clienti, finalmente liberi di poter andare allo stadio insieme con le rispettive famiglie. Chiunque abbia vissuto l'esperienza dal vivo -dall'ultimo arrivato, Mancini appunto, fino a Mourinho che ne ha patito la nostalgia addirittura- ne parla stregato: qualche buon motivo ci dev'essere. Se ogni tot, rivolgiamo l'attenzione al calcio inglese, magnificando il suo format, forse sarebbe il caso di adottarne anche il calendario.
Abbiamo vissuto le feste di Natale divorati dall'ansia per le sorti di Ciro Ferrara e della nuova Juventus. Non fosse stata per l'interruzione, forse avremmo già assistito al malinconico rito del cambio della guardia a Vinovo, sotto la benedizione del nuovo totem Roberto Bettega. Dobbiamo portare ancora un po' di pazienza e saremo serviti a puntino. Perchè giornali, siti di tifosi e opinionisti tv di ogni risma, hanno già scandito il conto alla rovescia per la panchina prestigiosa di Torino bianconera. E hanno deciso che subito dopo le colonne d'Ercole, Parma mercoledì pomeriggio, e sfida col Milan domenica 10 gennaio, sarà possibile prendere una decisione definitiva: o Ferrare resta al timone, convincendo tutti con un paio di risultati risolutivi e correzioni di rotta tattica già avvenuta, oppure sarà inevitabile il ricorso alle macumbe del santone Guus Hiddink che è rimasto in vacanza tranquillo e beato, come riescono a fare solo quei generali sicuri dell'esito della battaglia.
Il destino della Juve fa capire che l'antico vizio del calcio italiano è riuscito a resistere a qualsiasi rivoluzione, al cambio generazionale di allenatori e dirigenti. Non ancora è cominciato l'anno, non ancora è ripreso il campionato e siamo già alle prese con panchine che traballano, verdetti sospesi, fallimenti in agguato, rivoluzioni dietro l'angolo, contestazioni furibonde e senza senso. Neanche i giorni santificati alle feste hanno lasciato in pace le squadre che si dibattono nel fondo della classifica. A Bergamo hanno ripreso a contestare squadra e club, tenendo fuori dalla mischia solo Antonio Conte, il nuovo allenatore. A Roma hanno accolto Luca Toni come neanche ai tempi di Piedone Manfredini: mancava solo la processione con in testa la statua in gesso dello spilungone modenese. Per fortuna a rendere almeno più curioso il giorno della ripartenza del calcio italiano, mercoledì 6 gennaio, sarà il debutto di Chievo- Inter alle 12.30, l'ora del brunch: è il primo esperimento, come se si dovesse scoprire chissà cosa da un provvedimento del genere. Basta dirlo in anticipo e vedrete che non mancherà il pubblico davanti alla tv: chè di andare allo stadio, col freddo che fa, e con i prezzi che ci sono (25 euro per i popolari) non ci pensa proprio nessuno.
A San Siro, l'altra Milano, quella rossonera, invece di accompagnare con un pizzico di fiducia Leonardo verso il mese dei lavori forzati (8 partite in 25 giorni), lo aspettano tutti al varco per capire dalle scelte effettuate (in porta tra Abbiati e Dida, in centrocampo tra Gattuso e Beckham) se ha la forza di imporsi al gruppo dei santoni oppure no. É finita l'età del calcio romantico e anche un po' retrò: resiste solo il clima da Colosseo, sono tutti lì che aspettano di fare pollice verso per vedere l'effetto che fa.
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