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Si sfascia l’Europa anti-Bush

Nel maggio 2003 Bush trionfava e loro perdevano. Oggi l’America, pur ribadendo le ragioni del conflitto, ammette di aver compiuto errori di valutazione strategica ed è costretta ad avviare il dialogo con i guerriglieri saddamiti per rappacificare l’Irak, ma di Chirac e Schröder - ovvero dei due leader che, assieme a Putin, guidarono il fronte dei Paesi contrari all’intervento militare - non c’è quasi più traccia. Politicamente sono annichiliti, proprio nel momento in cui avrebbero diritto di rivendicare la fondatezza di alcune delle perplessità palesate oltre due anni fa. Paradossi della politica.
La storia sta dimostrando che Bush e Blair nell’autunno 2002 esagerarono le minacce rappresentate dal regime di Saddam Hussein, talvolta in buona fede, talaltra «truccando le carte». Ne hanno pagato il prezzo l’«intelligence» Usa, la cui reputazione è ai minimi storici, e in parte lo stesso primo ministro britannico, che viene considerato un bugiardo dal 60% dei suoi concittadini. Ma sia lui sia il presidente americano sono stati rieletti. Finora tra i leader che sostennero la guerra, solo l’ex premier spagnolo Aznar non ha centrato i propri obiettivi, peraltro a causa di un evento straordinario: l’attentato dell’11 marzo 2004 di Madrid che, complice l’imbarazzante tentativo del governo di scaricare sull’Eta le responsabilità dell’attentato compiuto da Al Qaida, ha favorito il successo del socialista Zapatero sul delfino di Aznar, il favoritissimo Rajoi.
Agli altri va molto peggio. Il cancelliere socialdemocratico Schröder è stato costretto a scegliere la via delle elezioni anticipate, sotto il peso di una serie impressionante di sconfitte nei Laender. E alle politiche di settembre non ha alcuna chance di venir confermato: i tedeschi non gli credono più. Chirac passerà alla storia come il presidente francese che ha provocato la più grave crisi politica europea, decidendo di sottoporre al popolo la ratifica della Costituzione Ue, per la quale, invece, sarebbe stata sufficiente l’approvazione parlamentare. Una mossa inutile, dettata, come gli è accaduto spesso nella sua lunga carriera politica, da un gesto impulsivo, da una ripicca dal sapore infantile: in questo caso il desiderio di non sfigurare di fronte all’odiato Blair che aveva deciso di percorrere la via del referendum. Visione politica, zero. Lungimiranza, nessuna.
È questo il limite che accomuna Schröder a Chirac: il loro più grande successo è stato quello di aver saputo interpretare gli umori dell’opinione pubblica in una particolare circostanza storica. L’opposizione alla guerra in Irak, condivisa dalla maggioranza schiacciante degli europei, poteva rappresentare l’inizio di un cammino per forgiare un’identità continentale, per dare finalmente un profilo politico elevato all’Unione europea, complementare e non antagonista rispetto alla potenza statunitense. Ma destituito Saddam, Chirac e Schröder sono apparsi ai francesi, ai tedeschi e più in generale agli europei nella loro vera luce: quella di due politici di modesto calibro, incapaci non solo di proporre nuovi orizzonti ma di cogliere la gravità del malessere europeo.
La concorrenza della Cina, le ripercussioni sull’economia reale derivanti dall’introduzione dell’euro, la crisi strutturale e le perplessità sull’allargamento sono stati ignorati dalla coppia che fino a oggi ha condizionato la scena politica continentale più di ogni altro Paese. Rileggendo gli avvenimenti degli ultimi due anni è legittimo il sospetto che il fervore anti guerra sia servito al cancelliere tedesco e al presidente francese per distrarre l’opinione pubblica, nella consapevolezza di non avere soluzioni da proporre, se non quella di confidare nella ripresa economica internazionale, che però non si è verificata in misura tale da rianimare l’economia continentale. Quando l’effetto-Irak è svanito, la loro inadeguatezza è apparsa evidente e gli europei si sono accorti di stare peggio di prima.
Due leader da ripudiare al più presto. Così sarà: Schröder se ne andrà tra pochi mesi, Chirac nel 2007.

Toccherà alla Merkel e poi, probabilmente, all’astro nascente del centrodestra francese, Sarkozy. Davanti a loro una missione con tante incognite e una certezza: avranno a che fare con Bush e Blair, leader talvolta cinici, ma di successo.
marcello.foa@ilgiornale.it

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