Conquistare il Piemonte con il panettone potrebbe essere un'impresa impossibile. Ma Nicola Fiasconaro, meglio conosciuto come il «rivoluzionario del panaton» ha iniziato ad avere le mani in pasta fin da quando portava i calzoni corti, nella bottega di papà Mario in piazza Margherita a Castelbuono, paese a pochi chilometri da Palermo. Del resto per uno che ha convinto la Nasa ad imbarcare le sue prelibatezze sullo Shuttle Discovery dal Kennedy Space Center in Florida, metter piede nella terra dei Savoia deve essere stato un gioco da ragazzi. Soprattutto se la molla che lo ha portato ad emigrare è stata una lotta lunga e per ora persa, contro i mille lacci e lacciuoli della burocrazia che ha impedito alla «Fiasconaro Family» - rappresentata dai tre fratelli Nicola, Fausto e Martino - di acquistare un'area artigianale dismessa da sei anni e da tre di proprietà del Comune, a pochi passi dalla pasticceria, per realizzare un nuovo laboratorio e far fronte ad una richiesta di 150mila panettoni in più. «Questa terra così bella ed aspra, più la ami e più lei ti mortifica - spiega Nicola Fiasconaro -. In Sicilia la collaborazione è solo a parole ma la cappa del potere ti soffoca. Le carte e le visite in azienda, anche più volte del presidente della Regione Crocetta, non hanno portato a nulla».
Parole dure, pronunciate con l'intento di provocare, di scuotere un sistema che sembra imbalsamato. E ci riesce. Le sue dichiarazioni volano talmente in alto da raggiungere un piccolo paese piemontese, ad oltre mille chilometri di distanza. Silvano Dovetta, sindaco di Venasca (Cuneo), comune incastonato nella Valle Varaita, ai piedi del Monviso, lancia una proposta per accogliere l'azienda. «L'area artigianale di Venasca è perfetta ed entro due anni potremmo essere pronti per trasferire una parte della nostra lavorazione. Non lasceremo mai la Sicilia, il nostro cuore è lì, ma un laboratorio su questi monti apre nuovi orizzonti di sapori e profumi». Un percorso, quello da Castelbuono a Venasca, che pare segnato dal destino e che catapulta i Fiasconaro nella terra dei grandi maestri del panettone, tra i quali ci sono Pietro Ferrua di Galup e poi Balocco e Maina.
«In Piemonte ho trovato un'accoglienza straordinaria, una culla dell'artigianato che ha fatto scuola in molti campi e le cui risorse si sposano perfettamente con quelle della mia Sicilia. Per esempio il marrone, la tipica castagna di questi boschi, ben si abbina con il cioccolato di Manduria. In Piemonte si respira la cultura dell'impresa: tanti, come me, da una piccola bottega hanno raggiunto livelli industriali senza mai abbandonare la lavorazione artigianale».
Fiasconaro infatti, ha iniziato ancora ragazzino, nella cucina-laboratorio di papà Mario, che a Castelbuono ha aperto un bar pasticceria e faceva ancor i gelati con la neve. «Allora le cose erano diverse, anche la produzione era limitata a pochi prodotti. Io però mi sono subito appassionato ed ho capito, ancora ragazzino, che quello era il mio mondo. Ho imparato il mestiere girando il mondo e rubando i segreti dei grandi maestri. Loro sono stati i miei libri, il mio sapere. Quando anche i miei fratelli hanno deciso di lavorare con me, la bottega di papà si è ingrandita sempre di più, fino a diventare il bel giocattolino che è oggi».
La svolta arriva grazie ad un incontro che cambierà la vita a Nicola, trasformandolo da semplice artigiano del dolce a filosofo del panettone. «Giorno indimenticabile quello. Mi sono innamorato del lievito madre a 22 anni e da allora è iniziata un'avventura che non è ancora terminata. A Chioggia Sottomarina ho conosciuto Teresio Busnelli. Ricordo quel giorno come fosse ieri: appena ha iniziato a parlare sono rimasto folgorato. Dalla sua lezione sul lievito madre ho capito che davanti a me si apriva una strada nuova. Un progetto che per me aveva solo un nome: panettone. Un dolce stagionale tipico del Nord Italia, del quale intuivo le grandi potenzialità che passano inesorabilmente attraverso ingredienti di qualità legati al territorio, un impasto delicato ed il rispetto dei suoi tempi di lievitazione. Ancora adesso che ne produciamo oltre un milione di pezzi, per realizzarne uno impieghiamo tre giorni, perché così impone il lievito madre. Noi rispettiamo i suoi tempi, lui ci ripaga con un prodotto unico. Tornato a Castelbuono, ho subito messo in pratica quello che da giorni mi ronzava nella testa. Papà non ha più acquistato i prodotti delle aziende del Nord Italia per il periodo natalizio e io ho infornato i miei primi 200 panettoni. Da lì è iniziata la mia rivoluzione, con la quale ho contagiato tutte le botteghe artigiane».
Nicola Fiasconaro ha anche allungato la vita al dolce natalizio che ha conquistato pure le vetrine estive e i mercati esteri. «In Sicilia abbiamo undici laboratori, attraverso i quali seguiamo tutta la filiera dei prodotti agricoli che vengono trasformati in ingredienti per i nostri dolci e diamo lavoro ad oltre 120 persone, per un fatturato annuo che si aggira sui 15 milioni di euro. Ogni più piccolo passaggio è monitorato, tutto viene studiato nei minimi dettagli».
Ora Venasca per la famiglia Fiasconaro rappresenta il futuro dell'azienda, e che ha i nomi e i volti delle figlie dei tre fratelli Nicola, Fausto e Martino. Tre belle ragazze unite dalla passione per la ricerca dei sapori ed un unico nome: Agata, come quello della nonna dalla quale tutto è iniziato.
Con i consigli dei papà, a poco più di vent'anni stanno muovendo i primi passi nella bottega, così come Mario, secondogenito di Nicola, tra la scuola ed un master, inizia a metter mano agli impasti,
calibrando gli aromi e i sapori. «I figli ci seguono in questa bella avventura. C'è ancora Antonello, il più piccolo, che per ora si limita a rubare il cioccolato nel retrobottega, ma è un buon segno: abbiamo iniziato tutti così».
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