Sicurezza Sono 7500 le vittime delle gravi infezioni ospedaliere

Interventi o cure nel paziente sbagliato o in parti del corpo sbagliate, conseguenti ad un errore di identificazione; errori trasfusionali e di comunicazione, sia interna tra operatori sanitari che nei confronti del paziente; cadute accidentali durante il ricovero; errata gestione di farmaci ad alto rischio; infezioni ospedaliere che possono anche essere mortali: questi i pericoli più frequenti per un ricoverato in una struttura ospedaliera, costituiscono il concetto globale di «rischio clinico». Individuato a livello mondiale dall’Oms-Onu e recepito sin dal 2008 dalla Regione Veneto -che ha emanato un apposito modello organizzativo per la gestione della sicurezza del paziente da applicarsi nell’intero sistema socio-sanitario regionale- è stato trattato a Motta di Livenza (Treviso) in un convegno intitolato «La gestione del rischio clinico: una scelta aziendale condivisa per il miglioramento della sicurezza e della qualità delle cure», promosso dall’ospedale riabilitativo di alta specializzazione. «E’ un tema di grande attualità - dice il direttore generale Alberto Prandin - se si pensa che in Italia il 5-8% dei pazienti delle strutture sanitarie sviluppano cosiddette «infezioni ospedaliere», pari a 450-700mila casi, con circa 7500 decessi, superiori a quelli per incidenti stradali.

Proprio per questo - continua Prandin- l’ospedale riabilitativo di Motta ha istituito una task force interdisciplinare per prevenire il rischio clinico costituita dal 20% dei suoi dipendenti, che sono stati formati a partire dall’aprile del 2009, ed ha nominato Davor Perkovic responsabile della sicurezza del paziente».

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