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Sicurezza, il Viminale schiera l’esercito in città

Dal quattro agosto tremila militari pattuglieranno le città, oggi la firma del decreto. Berlusconi: è una priorità. Maroni: mai più sanatorie sui clandestini

Sicurezza, il Viminale schiera l’esercito in città

Roma - Dopo tanto parlare alla fine arriveranno. Dal 4 agosto nelle città a dare man forte alle forze dell’ordine nel controllo del territorio ci saranno i militari. Lo ha annunciato il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che ieri a Milano con il capo della Polizia, Antonio Manganelli, ha incontrato il prefetto Gian Valerio Lombardi, il questore Vincenzo Indolfi, per discutere le modalità di dislocamento dei soldati. La firma del decreto per il «via libera» tra Maroni e il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, è prevista per oggi, al termine della riunione del comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza in cui, specifica il numero uno del Viminale, saranno ufficializzati i criteri di utilizzo.

L’impiego dell’esercito è stato anche al centro della cena ad Arcore cui ieri sera hanno partecipato il premier Silvio Berlusconi e i ministri Maroni, Calderoli, Bossi, Tremonti e Zaia. «La sicurezza è la prima preoccupazione per i cittadini, bisogna continuare su questa strada» ha detto Berlusconi. Concorde il Senatùr, che ha invitato il ministro dell’Interno ad andare avanti.

Sulle modalità di impiego dei circa tremila uomini in arrivo nei prossimi giorni è stato La Russa a fornire alcune anticipazioni. I dettagli invece verranno illustrati oggi in una conferenza stampa con Maroni con cui, precisa, «ho lavorato spalla a spalla e in sintonia».
I compiti, sottolinea il ministro della Difesa, sono quelli previsti nel Decreto sicurezza. Quindi non solo sostituzione dei poliziotti e carabinieri impegnati nella vigilanza ad obiettivi sensibili con i soldati, attività a cui è destinato circa un terzo del contingente, ma anche pattuglioni misti, rigorosamente a piedi («per una maggiore visibilità»). I mille militari non avranno compiti di polizia giudiziaria, ma solo di pubblica sicurezza. Ciò significa che potranno procedere all’arresto solo in flagranza di reato. I restanti mille saranno assegnati a compiti di vigilanza presso i Cpt.

I primi centri interessati saranno Milano, Roma, Napoli, Padova e Verona a cui si aggiungeranno un’altra decina di città. La parte del leone la faranno Milano, Roma e Napoli in cui dovrebbero essere destinati tra i 200 e i 300 militari ciascuna. Lo stanziamento finanziario a copertura è di 31,2 milioni di euro per il 2008 e altrettanti per il 2009.

Dopo la tappa milanese il ministro dell’Interno ha raggiunto Brescia, dove con il sindaco Adriano Paroli e il prefetto Francesco Paolo Tronca ha firmato il «patto sicurezza». Una tipologia di accordo che Maroni ricorda di avere ereditato dal predecessore Amato ma che, opportunamente modificata, definisce «una novità federalista». Il patto, spiega, è aperto a tutti i comuni che lo vogliano sottoscrivere «in modo da creare un sistema federale ad integrazione della sicurezza nazionale». Un modello in cui il governo è chiamato a «collaborare» più che a «imporre», variabile «da città a città, Regione e Regione» e che può avere anche «peculiarità legate al periodo dell’anno». I soldi ci sono grazie ai «100 milioni di euro previsti dalla Finanziaria 2009 per i progetti di sicurezza urbana». Fondi che verranno erogati ai comuni firmatari dell’accordo sulla base degli interventi effettivamente realizzati. Non solo. Saranno i sindaci stessi a decidere in prima persona le modalità con cui agire perché, precisa Maroni, «è ovvio che solo sul territorio si possono fare le scelte migliori e non certo da Roma».

Prima di lasciare Brescia per partecipare ad Arcore al meeting con Bossi e Berlusconi, Maroni è tornato sui temi caldi, a partire dall’immigrazione. Non ci saranno più sanatorie generalizzate, ha annunciato, condividendo «in pieno» la posizione della presidenza francese del semestre europeo che non ne prevede più nessuna. Maroni apre però uno spiraglio dichiarando la disponibilità a «discutere caso per caso». Poi, torna sulla querelle intorno alle impronte ai nomadi. Polemiche strumentali, le definisce, «che hanno come obiettivo quello di ridurre l’efficacia dell’azione di governo». Nega un intervento «su base etnica», ma rivendica la necessità di fare un punto sui campi nomadi «dove non si sa chi ci vive». Anche perché, ribadisce Maroni, a fare le spese di questa situazione sono i bambini che «quando va bene sono costretti all’accattonaggio se non utilizzati per il traffico di organi». Bambini che hanno i topi come compagni di giochi.

E mentre anche il sindaco della capitale, Gianni Alemanno, firmerà nel pomeriggio il Patto per Roma, monta la protesta del presidente della Provincia, Zingaretti e della Regione, Marrazzo, spariti dal comunicato di annuncio del Viminale. Sgomento Zingaretti: «O siamo di fronte a una gaffe o a un’incomprensibile e stravagante scelta.

Attendiamo di sapere cosa è successo».

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